dialetto
Per chiunque sia nato e cresciuto tra le nebbie di Parma, non c'è dubbio: il vero, inequivocabile simbolo gastronomico del Natale è l’anolén. Non è solo un primo piatto, ma un vero e proprio rito che scandisce l'attesa della festa più sentita dell'anno. Come sottolineato da Lorenzo Sartorio ne Il Libro del Natale Parmigiano, la sua preparazione è una cerimonia dal sapere antico, tramandato con devozione. Al centro di questo culto vi è la rezdóra, la massaia, spesso la più anziana della famiglia, custode del sacro sapere culinario. Il suo compito inizia ben prima della vigilia, con la preparazione dello stracòt (il brasato), l'anima segreta del ripieno. L’anziana ha il dovere di "mettere su" la carne e di vegliarla con cura materna per un paio di giorni, mentre questa borbotta lentamente sul fuoco. È un atto di pazienza e dedizione, dove il tempo non è scandito dalle lancette, ma dalla lenta fusione dei sapori. Una volta pronto, miscela il ripieno, dosando con sapienza la carne, al Formàj (il Parmigiano), il pane grattugiato e gli altri ingredienti segreti. Contemporaneamente, impartisce disposizioni alle giovani leve per la creazione della fojäda, la sfoglia. Questa deve essere rigorosamente fatta a mano, e tirata con la canéla (il mattarello), un banco di prova per l'abilità delle nuove rezdóre.
Si procede poi alla fase di creazione dell'anolino vero e proprio. Con una precisione quasi maniacale, il ripieno viene distribuito sulla sfoglia che viene quindi richiusa e tagliata con gli stampini, spesso oggetti ereditati che portano il segno del tempo e di innumerevoli Natali passati. Ogni anolino, un piccolo scrigno giallo, viene poi sistemato con cura e ben allineato sul tagliere, che a sua volta è paludato di boràs (canovacci) freschi di bucato. Questo allineamento geometrico riflette l'armonia che la famiglia cerca in quel giorno di festa.
A Parma, l'Anolino è singolare nella sua pluralità, tanto che sarebbe più corretto parlare di anolini. Proprio come il dialetto cambia di tono e inflessione da borgo a borgo, da famiglia a famiglia, così anche la ricetta si diversifica, spesso anche solo per una minima variazione. Se all'ombra del Duomo l'anolino predilige ripieni ritenuti più “aristocratici”, l'antica tradizione dell'Oltretorrente prevedeva ed esigeva un ripieno di stracotto di asinina, a lungo considerata una carne "plebea." Questa distinzione gastronomica è uno specchio dei contrasti e delle identità sociali che hanno plasmato la storia di Parma.
In definitiva, l'anolino è molto più di un piatto: è un racconto in brodo, un microcosmo di storia, dialetto, eredità e affetti familiari. Rappresenta la celebrazione di una memoria storica che, attraverso il calore della tavola e la sapienza delle mani, si rinnova, anno dopo anno, per i parmigiani di ogni generazione.
fonti:
"Il Libro del Natale Parmigiano" di Lorenzo Sartorio
“parmaindialetto.it” di Enrico Maletti
“Dizionario Italiano-Parmigiano” di Guglielmo Capacchi
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