Le chicche della nonna
Biondo, allegro e dagli occhi vispi: Gianfranco Pongolini, di Fidenza, a quattro anni era davvero un bel bambino. No, di più: era un bambino prodigio. Aveva imparato a leggere da solo («Le lettere me le ha insegnate un po’ la mamma, poi ho cominciato ad unirle senza di lei») ed era in grado di riconoscere tutte le targhe automobilistiche (in quel 1962 ancora siglate con i capoluoghi di provincia) e ogni segnale stradale, anche il più inconsueto. Ma, soprattutto, grazie alle letture richieste ai genitori prima e alla sua dedizione poi, aveva una conoscenza capillare di intere pagine del Codice della strada e di infiniti dettagli sulle autovetture. Il padre Felice, passeggiando, si stupiva ogni volta nel vedere il figlio individuare immediatamente qualsiasi tipo di veicolo oppure diventare mogio mogio quando sopraggiungeva un nuovo modello a lui ignoto sul quale però Gianfranco correva subito ad informarsi guardando le fotografie delle riviste. Il bambino era proprio curioso di tutto: a Milano la famiglia Pongolini era entrata in un negozio dove il proprietario stava dipingendo sul muro i visi di alcune persone di colore. Gianfranco cominciò a chiedere subito chi fossero, dove si trovasse l’Africa, come si vivesse laggiù e a formulare altre mille domande: si creò una piccola folla che bloccò l’ingresso per assistere alla scena. «La cosa finì quando lo portai di peso sulla macchina, perché voleva continuare a parlare!» raccontava Felice (di nome e di fatto) ai parenti. La loquela si coniugava sempre ad una incredibile intelligenza.
Un’altra volta, mentre usciva da un vicolo in bicicletta, si era scontrato leggermente con un’ anziana signora che arrivava a piedi dalla sua sinistra. Sulle prime il bambino si era scusato poi ripensandoci aveva esclamato: «Però io provenivo da destra, la precedenza era mia!», lasciando di stucco la donna.
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