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Alberto Lazzari alleva vacche a Lugagnano: «Il lavoro non mi pesa, ma la burocrazia ci può uccidere»

Teniamo duro, ma ai giovani servono robot per riuscire a staccare un po'

Alberto Lazzari:  «Il lavoro non mi pesa, ma la burocrazia ci può uccidere»

di Claudia Olimpia Rossi

30 Novembre 2022, 10:04

Teniamo duro ma ai giovani servono robot per riuscire
a staccare un po'

Allevare vacche a Lugagnano inferiore, presso Monchio delle Corti, merita una menzione d’onore. A maggior ragione perché la “Prato del bosco” di Alberto Lazzari vanta il primato di essere rimasta la pressoché unica stalla della zona.

L’imprenditore, che con la famiglia porta avanti l’attività da trentacinque anni, racconta le asperità di un mestiere di fatica tenuto in equilibrio dalla passione. «Lavoro da una vita - racconta - ogni giorno, senza riposi e ferie. Mai fatto festa. Ma non è questo a pesare. Il problema è che nessuno capisce le difficoltà dell’agricoltura in montagna. Qui abbiamo molte spese in più, ci vogliono macchine moderne. Ad andare in pendenza si rischia, bisogna essere in sicurezza. Io credo che anche dare sovvenzioni alla cieca, a chi s’improvvisa, non aiuti: se non si è abituati da sempre a questo ambiente non ci si resiste. Le aziende di montagna non dovrebbero competere con quelle di pianura: invece viene quasi equiparato il valore dei rispettivi prodotti. Noi che siamo abituati a questo mondo teniamo duro. L’incognita per il futuro sono i giovani».

Alberto Lazzari aprì l’azienda nel 1987 con il fratello Claudio, prematuramente scomparso. Ora lo affiancano la moglie, Letizia Borra, la figlia Arianna e il nipote Nicholas, figlio di Claudio, con l’aiuto di Federico Rozzi. «Per invogliare la nuova generazione a restare - prosegue - ho puntato sulla tecnologia, automatizzando la stalla, a partire dal robot di mungitura e da quello per distribuire il mangime. E’ l’unico modo per rendere il lavoro più accettabile. I giovani desiderano poter staccare ogni tanto, prendersi una vacanza. E’ giusto. Noi che sosteniamo da sempre ritmi continui non ne sentiamo il peso. Quello che invece ormai non sopporto più è la burocrazia: ogni giorno con un’incombenza nuova. Sembra quasi lo facciano apposta. Siamo in un sistema che non tutela i lavoratori. A tutto questo si è aggiunto il problema dei rincari, a partire da quello dei mangimi. La razione giornaliera per le vacche è cresciuta del 35% circa in un anno. Adesso speriamo bene: bisogna vedere a quanto ammonterà il prezzo del formaggio».

Con 230 capi di frisona, tra vacche (di cui un centinaio in mungitura), manze e manzette, l’azienda Lazzari arriva a conferire ogni anno 13 mila quintali di latte al caseificio del Parco di Ramiseto, che lo trasforma in parmigiano reggiano. «Ritengo necessarie - conclude - misure urgenti a sostegno dell’agricoltura in montagna. Questo anche perché considero importante la cura dell’allevamento, salvaguardando la peculiarità genetica dei nostri animali, cresciuti a ciclo chiuso in un ambiente naturale. Le nostre manze possono pascolare liberamente, in un’area apposita realizzata una decina d’anni fa, in modo che alternino la vita nella stalla e all’aperto, brucando nei prati».

La scheda

Nome: Alberto Lazzari
Età: 53 anni
Segno zodiacale: Bilancia
Studi: diploma terza media
Hobby: Moto
Sogno nel cassetto: Installare la cucina di alimentazione automatica per le vacche
Azienda: “Prato del bosco” di Lazzari Alberto, via della Costa 16, Lugagnano inferiore di Monchio
Attività: Allevamento bovine da latte per la produzione di Parmigiano-Reggiano

© Riproduzione riservata

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