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San Secondo

Il paese sconvolto: «Inimmaginabile: mai sentito urlare. Una vita normale»

Il paese sconvolto «Inimmaginabile: mai sentito urlare. Una vita normale»

di Luca Pelagatti

03 Maggio 2025, 10:06

San Secondo Come è difficile raccontare le vite degli altri: quelli che vedi tutti i giorni, che saluti, con cui magari sorridi e ti fermi a chiacchierare. Ma di cui, in un lampo, poi ti accorgi di non sapere proprio nulla.
«Siamo sconvolti, cosa vuole che le dica – racconta a due passi dalla casa dell'aggressione, Giuseppe, barbiere da una vita e memoria del paese. - Io Abdelhakim lo conoscevo: lui era venuto per fare dei lavori con la ruspa a casa mia e poi lo vedevo sempre passare. E scambiavamo qualche parola». Con lui e con la moglie, discreta e silenziosa come è prassi per una donna che viene dalla Tunisia, presenza costante nelle strade per accompagnare i figli in giro.
«Salutavano sempre, erano cortesi e mai molesti», aggiunge una altra commerciante della piazza. E sottinteso, detto a mezza voce, si nota il rimbrotto: «Fossero tutti così, non come altre persone che si vedono qui in giro». Ma a dirlo oggi, con lui morto con le mani sporche di sangue e lei in un letto di ospedale suona tutto ancora più stridente. Perché le persone non si riescono proprio ad intuire.

«Io abito qui e non ho mai sentito nulla, mai un grido, un rumore - racconta un altro residente di borgo Bertani. - Io sono marocchino, loro tunisini, ma mai avuto nulla da dire». E le pareti sottili di queste case che paiono sostenersi a fatica l'una con l'altra sono davvero bastate a nascondere un malessere, una rabbia così grande e feroce?
Pare di si: lui viene descritto come un lavoratore di buon carattere, lei una mamma affezionata. E forse solo dal patimento dei figli, d'ora in poi, avvicinati con discrezione e cautela e accompagnati nei prossimi giorni di dolore si potrà provare a capire se si potesse intuire, fare qualcosa. Prevenire la tragedia.
Ma è difficile: parlando in giro si viene a sapere che la famiglia era venuta a vivere a San Secondo da qualche anno e che molti li avevano iniziati a sfiorare, a salutare. Certamente non a capire.

«Tutti bravissimi, persone che non davano fastidio – ripetono in coro alcuni ragazzi che si ritrovano davanti alla pizzeria a fianco del vecchio cinema Verdi. Anche loro raccontano di venire dal Nordafrica e ammettono: «Sappiamo che c'è qualcuno che ogni tanto non si comporta bene. Ma di quella famiglia non si poteva dire nulla».
E allora, cosa è accaduto? Impossibile dirlo e di certo sbagliato provare ad indovinare. Intorno alla casa dove vanno e vengono i carabinieri per tutta la mattina passano a gruppetti dei ragazzi in tuta, identici a tutti gli altri ragazzi di questo paese e di tutte le città. Interrogati raccontano di essere compagni di scuola di uno dei figli, di essere amici di una delle ragazze. Ma quando si chiede di più svicolano: «No, mai sentito di problemi. Ma quelli non sono fatti miei».
Allora resta ancora più forte l'amarezza per questo dramma tutt'altro che annunciato. La casa ora è vuota, i ragazzi sono stati trasferiti in una struttura protetta e solo il loro stringersi, stare insieme forse potrà regalare la forza per non farsi travolgere. Intanto Safwa Felhi lotta in un letto della Rianimazione e tutti in paese sperano che si riprenda perché come dice un uomo al tavolino del bar Centrale: «La mamma in una famiglia è il centro, la colonna che sostiene tutto. Hanno avuto abbastanza sfortuna. Ora si meritano di riprendere a vivere».

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