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MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Femminicidio Matteuzzi: 'Padovani, stalker da manuale, condotta del tutto abietta'

Omicidio Matteuzzi: 'da Padovani condotta del tutto abietta'

10 Febbraio 2025, 15:57

Giovanni Padovani, «il quale come già ampiamente dimostrato non aveva alcuna peculiarità psichica in grado di offuscare la sua capacità di intendere e volere determinati fatti piuttosto che altri, aveva piena coscienza del contesto in cui si muoveva». E’ quanto scrive la Corte d’Assise d’appello, in uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza che ha confermato l’ergastolo per l’ex calciatore e modello 28enne, che il 23 agosto del 2022 uccise l’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, 56 anni, sotto casa sua, a Bologna.
Per i giudici, quindi, Padovani era consapevole di essersi recato ad aspettare Alessandra Matteuzzi «sotto casa armato di un martello che nascondeva in una siepe, e non poteva ignorare che ammazzare la persona a cui era legato da ossessione amorosa patologica da tempo, perché lei voleva lasciarlo, era condotta del tutto abietta, ingiustificabile, proprio perché era sano di mente». E perché, secondo la Corte, Padovani «viveva in un contesto sociale del tutto lineare e privilegiato, in cui era pienamente integrato e in cui svolgeva un ruolo invidiabile e gratificante, essendo un calciatore, con una carriera e una vita piena di future soddisfazioni, a cui non era mancato nulla, avendo anzi avuto molti doni dalla vita, a prescindere da normalissimi possibili incomprensioni - comuni alla generalità delle persone - con il padre». 

Non si è mai pentito

 «Si reputa che non vi sia stato un reale pentimento in capo all’imputato, ovviamente non nel corso della sua ideazione del crimine, in cui il progredire di un odio crescente contro la vittima non ha avuto flessioni, ma neppure dopo il gesto efferato commesso contro di lei». Così la Corte d’assise d’appello, in uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza che ha confermato l’ergastolo per l’ex calciatore e modello 28enne, accusato dell’omicidio pluriaggravato dell’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, 56 anni. I giudici, infatti, ricordano che dopo aver colpito a morte Alessandra con martellate e 'panchinatè, Padovani si è avvicinato alla donna, «fingendo un briciolo di cura nei confronti del corpo martoriat o, per accanirsi con un ultimo violento calcio al volto della vittima e parole di disprezzo; nessun pentimento - sottolinea infine la Corte - Padovani ha mai manifestato nel corso della permanenza in carcere e durante l'evolversi del processo». 

Stalker da manuale

La difesa di Giovanni Padovani ha negato l’aggravante dello stalking basandosi sul fatto che in alcune occasioni l’imputato «aveva dimostrato di essere smarrito, disperato, incredulo di fronte ai comportamenti alterni della Matteuzzi». Per la Corte d’Assise d’appello che ha confermato l’ergastolo per l’ex calciatore, riconoscendolo colpevole di aver ucciso l’ex fidanzata Alessandra, invece, «tali deboli elementi, collocati nel quadro d’insieme e nella sequenza di condotte tipicamente ossessive e persecutorie poste in essere dal Padovani, scolorano diventando semplici momenti di sfogo, del tutto insufficienti per elidere la tipica, quasi da manuale, condotta di atti persecutori progressivamente più invasiva messa in atto, in modo consapevole da parte del Padovani, al quale la sua vittima aveva varie volte comunicato il suo stato di prostrazione».

'Inutili nuove analisi cliniche'

 I periti psichiatrici nominati dalla Corte in primo grado hanno concluso che Giovanni Padovani non solo è nel pieno della capacità di intendere e volere, «ma ha anche simulato, con alta probabilità, nel corso dei test a lui sottoposti, le risposte, al fine spec ifico di indurre a credere nella sua instabilità mentali». In questo quadro, secondo i giudici di appello «tenuto conto del fatto che la conformazione del cervello non appare avere alcuna influenza sulla capacità psichica di un soggetto», appare «ultronea e inutile qualunque ulteriore indagine clinica». La Corte di assise di appello, nel confermare l’ergastolo per il 28enne imputato per l’omicidio pluriaggravato della ex, Alessandra Matteuzzi, ha motivato in questo modo il diniego alla richiesta della difesa (avvocato Gabriele Bordoni) di far svolgere ulteriori esami specifici, come una risonanza magnetica.

'Alessandra per Padovani era un oggetto di proprietà'

L'imputato ha considerato la vittima come un oggetto di proprietà, non come una persona a cui riconoscere il diritto di esprimere una scelta di libertà o di dissenso, l’azione omicida è espressione di un intento ritorsivo dell’imputato verso l’insubordinazione della vittima, è una punizione per essere stato lasciato, per i presunti tradimenti da lui ossessivamente contestati alla vittima». E’ quanto scrive la Corte d’Assise d’appello di Bologna, presieduta dal giudice Domenico Stigliano, in uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza che lo scorso novembre ha confermato l’ergastolo per Giovanni Padovani, l’ex calciatore e modello 28enne, che il 23 agosto del 2022 uccise a calci, pugni, martellate e colpi di panchina l’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, 56 anni, sotto casa sua, a Bologna. «La reazione spropositata alla situazione in cui si trovava dimostra una altissima capacità a delinquere - sottolinea ancora la Corte - posto che uno stato di prostrazione è sfociato nel delitto crudo e terribile di cui si tratta».

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