POLIZIA
Era un mediatore culturale presso alcune strutture di accoglienza piacentine, ma in realtà sfruttava lui stesso i profughi che reclutava grazie al suo impiego umanitario. E’ quanto ha scoperto la polizia a Piacenza al termine di una lunga indagine coordinata dalla Procura della Repubblica. Nei guai per caporalato è finito un mediatore culturale bengalese colpito dalla misura cautelare del divieto di dimora nel comune emiliano, con obbligo di lasciare immediatamente il Piacentino.
Secondo la Squadra Mobile, il bengalese reclutava i richiedenti asilo ospiti delle strutture in cui operava, avvalendosi anche del ruolo da lui ricoperto nei rapporti con gli enti istituzionali, per destinarli al lavoro nei campi presso terzi in condizioni di sfruttamento.
«Approfittando dello stato di bisogno dei richiedenti asilo, agli stessi venivano corrisposte retribuzioni palesemente difformi da quelle previste dai contratti collettivi di lavoro, comunque sproporzionate rispetto alla qualità e quantità del lavoro versato e pagando in ritardo, o addirittura non pagando affatto, i lavoratori sfruttati», dice la polizia. Indagati anche due egiziani e un altro bengalese che sarebbero stati suoi complici. La polizia ha inoltre scoperto che «in un centro di accoglienza coinvolto, le condizioni igieniche della struttura erano oltremodo scarse. Gli alloggi erano sporchi ed ampiamente inidonei ad accogliere il numero di ospiti presenti, anche alla luce delle restrizioni vigenti ai tempi dell’emergenza sanitaria. I rifiuti venivano accatastati in sacchi di immondizia che restavano stipati per giorni, attirando i roditori». La Prefettura di Piacenza, attraverso i controlli con gli enti preposti, ha interrotto immediatamente i rapporti contrattuali con la società che gestiva i centri di accoglienza.
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