REGGIO EMILIA
I carabinieri al lavoro nel casolare abbandonato in cui è stato trovato il corpo che si presume sia di Saman Abbas
Continua a Reggio Emilia il processo per la morte di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa a Novellara, il cui corpo è stato ritrovato sepolto in un casolare.
Il padre di Saman, Shabbar Abbas, ha acconsentito a partecipare al processo per l’omicidio della figlia, collegato in videoconferenza da Islamabad, ma le autorità pachistane non hanno ancora predisposto il collegamento. Motivo per cui la presenza in video dell’imputato, nei confronti del quale è in corso in Pakistan il procedimento per l’estradizione chiesta dall’Italia, slitta e ci sarà probabilmente alla prossima udienza davanti alla Corte di assise di Reggio Emilia, già fissata per venerdì 21 aprile.
In aula sono presenti i tre imputati detenuti in Italia, lo zio di Saman, Danish Hasnain e i due cugini, Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz. La quinta imputata, la madre Nazia Shaheen, è latitante.
Il comandante del Norm: il rudere del ritrovamento fu "il primo posto dove cercammo"
Il casolare diroccato dove il corpo di Saman Abbas è stato trovato, sotterrato, lo scorso 18 novembre è «il primo luogo dove andammo a vedere: per struttura e distanza» dalla casa familiare «era quello che meglio si prestava a nascondere un corpo». Lo ha spiegato nell’aula della Corte di assise di Reggio Emilia il luogotenente Antonio Matassa, comandante del Norm di Guastalla.
Il testimone ha ricordato le prime fasi delle ricerche per la giovane pachistana scomparsa il 1° maggio 2021 e ha detto che quel casolare, a circa 700 metri dalla casa dove viveva la famiglia, era un «un rudere, diroccato, con parti crollate, sottoposto a vincoli». «Ci siamo andati con le unità cinofile», ma i cani specializzati nelle ricerche in quell'edificio non segnalarono nulla. Furono anche svuotati i canali di irrigazione, controllati i pozzi e le porcilaie. E il raggio venne allargato, «dalle serre in avanti».
Gli investigatori sono poi andati a scavare nel rudere a novembre scorso, su indicazione di uno degli imputati, lo zio di Saman, Danish Hasnain, che li ha portati nel luogo, riferendo di aver accompagnato, la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021, i due cugini a seppellire il corpo della giovane parente.
"Il fratello ebbe un cedimento emozionale e parlò in maniera libera"
Quando il 15 maggio 2021 il fratello di Saman Abbas venne sentito dai carabinieri, improvvisamente ebbe come «un cedimento emozionale». E dopo un’ora di audizione disse: «Adesso vi dico tutta la verità». Da quel momento iniziò a parlare «in maniera libera» anche senza bisogno di domande, «sembrava che si stesse liberando». Lo ha raccontato deponendo in aula davanti alla Corte di assise di Reggio Emilia il luogotenente Antonio Matassa, comandante del Norm della compagnia dei carabinieri di Guastalla, riferendo dei primi atti di indagine sulla scomparsa della ragazza pachistana, in ipotesi di accusa tra il 30 aprile e il primo maggio di quell'anno da cinque familiari.
Il fratello della giovane è considerato un testimone chiave, viste le sue dichiarazioni accusatorie nei confronti dei parenti. «A un certo punto - ha riferito il luogotenente - quando parlava di lei (della sorella, ndr), si è come accasciato
in basso, mettendosi le mani sugli occhi, aveva gli occhi lucidi e gonfi e ha risposto con la voce tremula».
Dopo l’audizione l’ipotesi investigativa diventò quella «dell’omicidio in ambito familiare»: visti i video e altri elementi raccolti «e le dichiarazioni del minore». All’epoca 16enne, era stato rintracciato vicino alla frontiera ligure, mentre si stava allontanando insieme allo zio Danish Hasnain e fu portato in una comunità protetta.
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