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I medici italiani (riuniti a Parma) dicono no al suicidio assistito

I medici italiani (riuniti a Parma) dicono no al suicidio assistito

19 Ottobre 2019, 05:38

Nessun abbandono del paziente - seguito e accompagnato in ogni attimo per lenire il suo dolore - ma il medico «non compirà l’atto fisico di somministrare la morte» ad una persona. E’ chiara la linea emersa a Parma all’interno della Consulta di Bioetica della Federazionee Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale sulla vicenda di 'Dj Fabò che ha stabilito come in presenza di determinate condizioni l’aiuto al suicidio non sia punibile, in attesa che il parlamento regolamenti questi situazioni. 
Una posizione, quella della Fnomceo, assunta al convegno nazionale su «Il suicidio assistito tra diritto e deontologia. La legge, il consenso e la palliazione», che verrà portata all’attenzione del Consiglio Nazionale dei 106 presidenti degli ordini locali in programma a novembre. 
«Il medico - ha argomentato il presidente della federazione dei dottori italiani, Filippo Anelli - non abbandonerà mai a se stesso il paziente, assicurerà sempre le cure si palliative per contenere il dolore sino alla sedazione profonda e sarà presente fin dopo il decesso, che certificherà, ma non compirà l’atto fisico di somministrare la morte». 
D’altronde, ha puntualizzato nell’assise parmigiana, «il medico ha per missione quella di combattere le malattie, tutelare la vita e alleviare le sofferenze. Quello del suicidio assistito è quindi un processo estraneo a questo impegno». Ad ogni modo, ha aggiunto Anelli «si vuole certamente rispettare la volontà di chi decide di porre fine alla propria esistenza ritenuta troppo penosa e non più degna di essere prolungata, nei limiti previsti dalla Corte Costituzionale, ma si chiede anche di lasciare la nostra categoria estranea a questo atto suicidario». 
Quanto al problema di chi raccoglierà il consenso del paziente e di chi lo aiuterà nel suo intento, prosegue il presidente della Fnomceo, «una legge dello Stato dovrà trovare una terza persona per raccogliere la volontà suicidaria, e quanto a chi fisicamente aiuterà il malato a morire, forse è ragionevole supporre che debba essere il paziente stesso a poterlo decidere». 
Parole nette, come quelle di Pierantonio Muzzetto, presidente della Consulta Nazionale Deontologica Fnomceo e dell’Omceo Parma secondo cui la «stella polare che guida la nostra categoria è la deontologia che vede al centro il rispetto dei valori della vita del paziente e della sua dignità, nel vivere come nel morire, non accettando d’essere pedine di una legislazione che non tenga conto della coscienza del medico, che segue la logica del fare il bene del paziente sia nella malattia sia nella fase della terminalità». 
Quindi, considerando ineludibili i principi del Codice Deontologico nel rispetto «dell’autodeterminazione del malato che esprima la volontà di rifiutare le cure», questi - ha concluso - «consentono il ricorso alla sedazione profonda medicalmente indotta, che è ben altra cosa dall’eutanasia attiva o passiva».

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