RICERCA PARMIGIANA
«Al momento della scoperta eravamo contenti: io, che ero il capogruppo, ero però un po' preoccupato, perché temevo che fosse un artefatto e che fosse la scimmia a fare dei movimenti di cui non ci accorgevamo. E per un fisiologo, raccontare una cosa non vera è come per un ingegnere far cadere un ponte, così abbiamo fatto tanti controlli».
Dall'altro capo del telefono, Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato e coordinatore del gruppo di ricercatori dell'università di Parma che, nel 1992, scoprì i neuroni specchio, ricorda quei momenti sorridendo. Perché se è vero che la ricerca parte sempre da un interrogativo, la risposta necessita di verifiche, precisione e approfondimento. In quella circostanza, però, la scoperta si rivelò straordinaria sotto molti aspetti praticamente da subito (tanto che i suoi riverberi sono ancora visibili). «All'epoca avevamo avuto la fortuna che a Milano, al San Raffaele, era stato aperto un centro di risonanza magnetica e avevo chiesto se si potesse fare lì l'esperimento sull'uomo – racconta il neuroscienziato -. Di fronte agli studenti, coricati all'interno dello scanner, Massimo Mantelli, che purtroppo non c'è più, e io facevamo gli stessi gesti compiuti di fronte agli animali e dal macchinario si vedeva non solo che si attivavano le aree visive, ma anche quelle motorie. Siccome allora si usavano sostanze radioattive (per la risonanza magnetica, ndr) in molti si rifiutavano di sottoporsi all'esperimento e la fortuna è stata che mio figlio, che allora frequentava il liceo Romagnosi, insieme ad alcuni amici, si era apprestato ed era stato la prima cavia. Quando hanno visto che mio figlio si faceva bombardare dalle scariche atomiche, anche gli altri hanno accettato, anche se ovviamente non c'era alcun pericolo, perché la quantità di sostanza radioattiva era bassissima. Il primo passo fu, a Parma, con le scimmie e l'altro fu proprio a Milano».
L'esito di quella scoperta che ha colpito di più Rizzolatti è stato quello della riabilitazione, che qui iniziò già 20 anni fa (anche se con molte difficoltà burocratiche legate al trasporto del malato). «L'altro ambito che mi ha colpito, merito di Adriano Ferrari, che ora è andato in pensione, è quello legato alla riabilitazione dei bambini che hanno dei problemi di paralisi spastica – ha osservato Rizzolatti -. Mostrando loro un gesto appropriato essi si riconoscono in questo e imparano».
Se pensa al ricordo rimasto più impresso una volta compresa la portata della scoperta, Rizzolatti, che per celebrare questo anniversario pubblicherà, a breve, sulla Oxford University Press la traduzione migliorata del libro «Specchi del cervello», scritto con Corrado Sinigaglia, menziona la bellezza della sensazione di «avere scoperto che quelle aree motorie, che sembravano stupide, erano molto intelligenti (nello stesso periodo, oltre ai neuroni specchio, il gruppo scoprì anche lo spazio peripersonale, ndr)».
Alla domanda se definirebbe quella scoperta «rivoluzionaria», il neuroscienziato risponde: «Per i filosofi la è stata, perché ha riabilitato tutta una branca della filosofia, cioè la fenomenologia, che era soprattutto europea e francese e che gli americani criticavano. La natura ti mostra che cosa c'è, poi tu devi saperlo vedere, questo è il trucco. Io credo che molti, avendo visto un neurone che si attiva quando la scimmia fa qualcosa, avrebbero detto di lasciar perdere, anche per il timore di non avere più la stima dei colleghi e finire male. Un premio Nobel che si interessava di filosofia e arte, mi disse che se ero sicuro nel mio intimo dovevo pubblicare, perché la scienza non è solo osservare e provare, ma è avere anche il coraggio di raccontare cose che sembrano non vere e non plausibili».
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