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Ocean Viking, quelle vite salvate lungo la rotta del Mediterraneo. Stefano Bertoldi di Sos Méditerranée si racconta agli universitari

Ocean Viking, quelle vite salvate lungo la rotta del Mediterraneo

di Giovanna Pavesi

07 Marzo 2023, 14:44

«Qual è la rotta più rischiosa? Nella misura in cui sono mortali, ogni rotta è difficile e quella del Mediterraneo è tra le più mortali». Stefano Bertoldi di Sos Méditerranée, quando risponde a questa domanda è molto diretto. Di fronte a lui, in una delle aule del plesso universitario di via D’Azeglio, una sala piena di sguardi attenti. Si parla di migranti, di sofferenza e delle indicibili atrocità a cui si sottopongono quando sono costretti ad affrontare il Mediterraneo, che è «un mare difficile».
Ieri pomeriggio, all’incontro «Ocean Viking non è un traghetto! Storie di soccorsi lungo la rotta più mortale al mondo», promosso dagli insegnamenti di Antropologia dell’ambiente e di Antropologia della contemporaneità e rappresentazioni dell’alterità, sono state raccontate storie di sopravvissuti e sopravvivenza. Bertoldi quei volti, pieni di paura, li ha osservati tante volte quando con la nave dell’ong di cui fa parte si è adoperato per il salvataggio. «Le imbarcazioni utilizzate dai migranti non sono attrezzate, sono riempite in maniera inconcepibile per la sicurezza (con a bordo dalle 100 alle 120 persone), per non parlare dei gommoni usa e getta, lunghi una decina di metri e certamente non realizzati per lunghe navigazioni», spiega, ricordando che sopra quelle strutture salgono persone che «non hanno mai visto il mare e che non sanno a cosa vanno incontro».
«Li mettono sopra la barra del motore e dicono loro semplicemente di andare con la bussola in quella direzione – racconta durante l’incontro, voluto dalle docenti Martina Giuffrè e Sabrina Tosi Cambini, a cui ha partecipato anche Chiara Marchetti di Ciac onlus -. I migranti arrivano in condizioni pessime per le bruciature, anche di secondo e terzo grado e questo è legato al contatto con l’acqua salata, con la benzina e, ovviamente, anche con i liquidi organici di persone che stanno anche 2-3 giorni in balia delle onde. Arrivano talmente provati che dire che, tutto sommato, salgono su una nave che è un traghetto è puro sadismo».


Alla conferenza è stato proiettato anche il video dell’inchiesta che Fabrizio Gatti pubblicò per L’Espresso, dopo il naufragio dell’11 ottobre 2013, costato la vita a 268 migranti (tra cui diversi bambini). E quanto accaduto domenica, a Crotone, dove hanno perso la vita altri migranti, rappresenta una tragedia che si ripete. «Noi non ci siamo assolutamente assuefatti, nel senso che abbiamo costantemente non solo l’immagine di chi non ce la fa, ma anche di chi ce la fa e che quando riesce, con mille fatiche, a mettere piede nelle nostre città si trova di fronte a tante piccole morti quotidiane, che sono quelle dell’indifferenza, del razzismo e della discriminazione – ha aggiunto Marchetti -. Non possiamo accettare, né umanamente, né politicamente, che la risposta sia quella di fermare le partenze, perché lo riteniamo un atteggiamento ipocrita e assolutamente inaccettabile, in questo momento più che mai». E, infine, c’è un auspicio che Bertoldi consegna all’aula: «Dobbiamo cercare di contrastare, soprattutto in questo momento storico, delle narrazioni tossiche che ci dipingono come criminali e come pirati. I pirati, purtroppo, sono altri».

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