SALUTE
Se non è possibile individuare, in assoluto, i momenti migliori della giornata da dedicare al lavoro, perché differenti da un soggetto all’altro, per Silvia Pizzarotti, dirigente medico del Dipartimento Sanità pubblica, Servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro dell’Ausl, è assodato che le performance sono migliori in condizioni di maggior attivazione e minor sonnolenza.
«La curva della vigilanza, in generale, aumenta in mattinata fino a raggiungere un picco verso le 11, a cui segue una deflessione nel primo pomeriggio, indipendentemente dal pasto, e un aumento nel pomeriggio, per poi declinare di notte, raggiungendo un minimo nelle prime ore del mattino», dice Pizzarotti.
Tutti siamo soggetti a due tipi di processi che influenzano le nostre curve di vigilanza o sonnolenza: quello circadiano e quello omeostatico. «Il primo evidenzia come l’uomo sia un animale diurno, programmato per dormire di notte e stare sveglio di giorno, mentre il secondo rende conto di come durante la veglia accumuliamo una pressione di sonno che poi scarichiamo di notte. Maggiore sarà il periodo di veglia e maggiore sarà la nostra pressione (e quindi la propensione al sonno) - dice Pizzarotti -. I due processi interagiscono in armonia, determinando la nostra inclinazione a stare svegli di giorno e a dormire di notte».
Una parte importante la gioca il cronotipo del soggetto, cioè la particolare predisposizione a svolgere le attività in determinate fasce orarie della giornata, che dipende dal rapporto tra il funzionamento del nostro orologio endogeno e l’orario esterno: «Quando i due orologi sono perfettamente sincronizzati abbiamo il cronotipo intermedio, in cui rientra la maggior parte degli individui, mentre quando i due sono sfasati abbiamo il cronotipo mattutino (o allodola), in cui l’orologio interno è in anticipo, e quello serotino (o gufo), in cui l’orologio interno è in ritardo. A seconda del cronotipo avremo maggiore o minore difficoltà a svolgere le attività quotidiane a seconda dei momenti della giornata. Un’allodola, per esempio, troverà molto facile svegliarsi presto e fare attività fisica e, dovendo scegliere il momento della giornata a lei più congeniale per svolgere un compito lavorativo impegnativo, preferirà sicuramente il mattino e alla sera farà fatica. All’opposto, il gufo al mattino avrà difficoltà ad alzarsi, non avrà fame, se obbligato a fare colazione presto, e se potrà scegliere un orario per fare attività fisica o lavorare, deciderà di farlo il pomeriggio, se non la sera. Il cronotipo intermedio, generalmente, sceglierà come momento migliore per lavorare verosimilmente la mattinata fino al primo pomeriggio, per poi accusare maggiore stanchezza nel pomeriggio inoltrato o la sera».
Per definire il cronotipo, al di là della clinica, esiste un questionario standardizzato, il Morningness-Eveningness questionnaire (Meq) che divide i soggetti, in base alle risposte, in «decisamente mattutini», «moderatamente mattutini», «intermedi», «moderatamente serotini» e «decisamente serotini».
Come per il lavoro, anche per lo studio valgono le stesse «regole»: «Se chiediamo agli studenti quando preferiscono studiare o quando rendono di più, la loro risposta ci orienterà riguardo al loro cronotipo, tenendo presente che negli adolescenti tende a essere spostato verso il serotino per una forma di jet leg sociale. I giovani, infatti, vanno a dormire tardi per impegni sociali (anche virtuali)».
Alla domanda se esistano comportamenti scorretti da evitare, Pizzarotti osserva che «tendenzialmente si dovrebbe essere liberi di seguire la propria predisposizione», ma che «purtroppo ciò non è spesso possibile perché siamo condizionati dai sincronizzatori esterni, primo tra tutti la luce, poi dagli orari di lavoro, dai pasti e dalle convenzioni sociali».
«Purtroppo, i più sfortunati sono le persone con il cronotipo serotino, in quanto sono quelle che maggiormente vanno in contrasto con gli orari dettati dagli obblighi lavorativo-sociali - spiega la specialista -. Un comportamento da evitare, però, è quello di estremizzare la propria tendenza cronobiologica, affinché non si trasformi in un vero e proprio disturbo del sonno».
E se non esistono piccoli accorgimenti che ci permettano di sfruttare al meglio il nostro orologio biologico, Pizzarotti sottolinea come «l’ideale sarebbe poter scegliere la propria attività o gli orari di lavoro in base al proprio cronotipo». «Se pensiamo al lavoro a turni, un’allodola si troverebbe sicuramente meglio a farne uno mattutino, rispetto a un gufo che, viceversa, avrebbe meno difficoltà a svolgerne uno notturno - conclude-. Tutto ciò, nel mondo reale, risulta difficile, però si può cercare di assecondare le proprie tendenze e in questo lo smart working potrebbe aiutare molto. Nella pratica clinica, infatti, abbiamo visto in questi due anni di pandemia, che diversi soggetti hanno avuto un beneficio dal potersi organizzare seguendo la propria predisposizione a un orario rispetto a un altro».
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