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Accumulatori: non riuscire a separarsi dagli oggetti. Sei affetto da disposofobia?

Accumulatori: non riuscire a separarsi dagli oggetti

26 Novembre 2022, 08:40

In molte abitazioni spesso si possono trovare libri o giornali sparsi dappertutto, collezioni di dischi in vinile, cd e dvd che riempiono intere stanze. Ci sono poi coloro che conservano documenti, ricevute di pagamento, estratti conto, dettagli dei consumi delle varie utenze per anni, anche quando non hanno più alcuna utilità, per timore di una contestazione.
Oltre a coloro che non si sbarazzano di oggetti che hanno un valore affettivo o che rappresentano un ricordo particolare o che consentano di conservare una passione come la musica, c’è chi ha un timore ossessivo che un giorno o l’altro quel vecchio oggetto, anche rotto o malfunzionante, possa tornare utile. Vi sono casi però, che la cronaca anche recentemente ha riportato, in cui si arriva a situazioni fuori controllo, a condizioni che assumono contorni patologici. In questi casi si parla di Disturbo da accumulo, anche detto disposofobia. Ne abbiamo parlato con Franco Marzullo, specialista in psichiatria della Casa di cura Città di Parma.
«La caratteristica distintiva del disturbo da accumulo è una persistente difficoltà a gettare via i propri beni, a prescindere dal loro valore reale - spiega Marzullo - L’individuo ha un bisogno di conservare gli oggetti e l’idea di disfarsene causa un disagio significativo. Gli individui con questo disturbo conservano le loro proprietà perché ritengono che gli oggetti possano essere utili in futuro o per via del loro valore estetico o affettivo. Gli oggetti più comunemente conservati sono giornali, riviste, perché contenitori di informazioni importanti, vecchi vestiti, borse, libri, corrispondenza e documenti, ma si può conservare praticamente qualsiasi cosa, pacchetti di sigarette vuoti, cibi scaduti, spazzatura, e allevare animali domestici in quantità. Gli oggetti si accumulano congestionando spazi vitali, rendendo l’abitazione inagibile. Una cucina può non essere più idonea per cucinare, un letto può non essere più disponibile per dormire, il bagno non è più utilizzabile, oppure un’intera casa o appartamento può diventare completamente inaccessibile. In alcuni casi, gli oggetti possono essere accumulati anche fuori dalla casa, in automobili, giardini, luoghi di lavoro. Le zone abitabili possono diventare pericolose per via del rischio di incendio o crollo; i soggetti possono andare incontro a traumi fisici ed a malattie correlate alle precarie condizioni igienico- sanitarie, delle quali possono soffrire anche gli animali, che in genere sopravvivono in condizione di denutrizione».
Ma chi sono coloro che vengono afflitti dai Disturbi da accumulo?
Generalmente i sintomi di accumulo prevalgono nei maschi, iniziano in adolescenza, ma a causa del lento ma costante decorso cronico, diventano evidenti in età adulta. La persona a volte è consapevole che deve liberarsi da tutti gli oggetti accumulati, ma la cosa determina un’ansia insostenibile. Altre volte invece minimizza la situazione, determinando seri problemi con i conviventi che si allontanano, con i vicini di casa, infastiditi dagli odori sgradevoli, e nel lavoro, fino alla perdita dell'occupazione e della casa e all’indigenza. L’evoluzione psichiatrica può essere quella di una grave depressione.
La differenza con il collezionista consiste nel fatto che quest’ultimo è orgoglioso delle proprie raccolte e rispetta gli spazi a disposizione, mentre l’accumulatore seriale si vergogna della sua situazione ed ha bisogno di uno spazio sempre maggiore. I soggetti colpiti in genere sono persone insicure, introverse, timorose della perdita e che cercano nella conservazione degli oggetti una sorta di sicurezza affettiva, a rischio di perdere quella dei propri cari.
Come aiutare chi soffre di disturbo da accumulo?
Ovviamente il soggetto non vuole separarsi dalle proprie cose e non chiede aiuto specialistico; sono quindi i familiari a richiedere l’intervento dello psichiatra e dei servizi di igiene pubblica, che in casi estremi sono costretti ad allontanare la persona dalla propria casa per attuare gli interventi necessari, compresa la nuova collocazione degli animali.
Un’azione di questo genere pur liberando familiari, condomini, colleghi dalla loro prigionia, da sola non è sufficiente a risolvere il problema, il soggetto ne subirebbe un trauma intollerabile, con il rischio anche di gesti estremi, oppure che riprenda gradualmente le sue consuete abitudini. È necessario quindi fornire un supporto psicoterapico, indirizzato sia alla persona sofferente che ai familiari. La psicoterapia più indicata è quella cognitivo-comportamentale, che può essere eseguita a domicilio per aiutare il soggetto a superare il senso di vergogna da cui è afflitto, a saper fare scelte organizzative, migliorare le proprie capacità decisionali e scartare parte degli oggetti inutili, tollerandone l’angoscia della separazione. Sono state sperimentate psicoterapie di gruppo e gruppi di auto-mutuo aiuto.


La psicoterapia di orientamento psicodinamico può far risalire ai motivi dell’incapacità affettiva di separarsi dagli oggetti.
Ma anche i familiari necessitano di un supporto psicologico. È comprensibile come le emozioni riportate dai familiari siano spesso di rabbia, risentimento, tristezza, imbarazzo e frustrazione. Vanno attuati nei loro confronti interventi psico-educativi specifici, sulla natura del disturbo, anche con l’ausilio di materiale divulgativo scientifico, che in qualche modo possa ristrutturare l’immagine fortemente negativa dell’accumulatore che si è generalmente instaurata in seno alla famiglia. Infine può essere utile anche l’uso di farmaci antidepressivi SSRI, anche per curare l’eventuale sviluppo di una depressione dell’umore.  

Federica Panicieri

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