SALUTE
La salute delle gengive potrebbe aiutare a prevenire l’Alzheimer o a rallentarne la progressione. A dirlo sono due nuovi studi della School of Dentistry della University of Central Lancashire, che mettono in evidenza come il batterio tipico della parondotite (il Porphyromonas gingivalis) sia coinvolto nei meccanismi che uccidono le cellule del sistema nervoso.
Nel primo studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease, si dimostra l’importanza del legame tra la proteina tau, contenuta nelle cellule nervose, e l’enzima gingipain rilasciato dal batterio Porphyromonas gingivalis. L’azione del gingipain sulla proteina tau induce la formazione di grovigli che infittendosi progressivamente causano la morte della cellula nervosa. Nel momento in cui muore, la cellula nervosa libera un’ulteriore quantità di proteina tau che, legandosi l’enzima, dà nuovamente inizio al micidiale meccanismo, in un loop che si perpetua.
Il secondo studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease Reports, esamina il modo in cui l’enzima gingipain contribuisce alla formazione di placche di beta-amiloide, altra lesione tipica di chi soffre di Alzheimer.
Se i due studi confermano il ruolo della parodontite quale fattore di rischio per l’Alzheimer, «la buona notizia è che mantenere la salute orale significa ridurre la quantità di enzima in circolo e, di conseguenza, il rischio di deterioramento delle funzioni cerebrali», dice Giulia Mariani, membro della Sidp (Società italiana di parodontologia e implantologia).
In Italia circa il 50% della popolazione è affetta da una forma di parodontite, che nel 10-15% dei casi è severa. «La salute orale è sempre stata un aspetto da non trascurare. Oggi assume un ruolo centrale anche nella prevenzione delle malattie sistemiche», conclude Mariani.
Intanto, uno studio italiano pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Periodontology conferma che esiste una netta associazione tra chi ha cattivi stili di vita e la severità della malattia parodontale: mangiare male e non fare attività fisica aumenta di 10 volte il rischio di parodontite grave.
Il nuovo studio, condotto da ricercatori del Dipartimento di biotecnologie mediche dell'Università di Siena, in particolare ha esaminato il ruolo della dieta mediterranea, ricca di frutta e verdura, pesce, legumi e olio di oliva, unito all'attività motoria non particolarmente intensiva.
«Abbiamo incluso 235 pazienti - spiega Nicola Discepoli, professore associato di odontostomatologia all'Università degli Studi di Siena - in cura per parodontite a cui abbiamo somministrato questionari per conoscere gli stili di vita. Quindi, abbiamo esaminato con una sonda parodontale la profondità di tasca gengivale che presentavano intorno ai denti: se è più profonda di 4 mm e sanguinante porta, se non curata, alla caduta del dente. Abbiamo così osservato che, in chi non seguiva una dieta mediterranea e faceva una vita più sedentaria, era più frequente vedere una parodontite di stadio grave, con tasche più difficili da chiudere». Se la sedentarietà aumenta di 1,7 volte il rischio di caduta del dente, solo mangiare male aumenta il rischio di quasi 6 volte.
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