SALUTE
Le malattie legate agli stili di vita sono causate solitamente dalle abituali attività quotidiane della maggioranza di noi. Negli ultimi anni siamo diventati sempre più dipendenti dall’uso di dispositivi elettronici (smartphone, tablet, monitor in genere) e, più recentemente, di dispositivi di protezione legati alla pandemia da Covid. Ciò ha portato alla diffusione di una serie di patologie, come quelle della superficie oculare, con un impatto talvolta significativo sulla nostra qualità di vita.
La superficie oculare rappresenta l’interfaccia tra l’occhio e l’ambiente esterno. È un complesso sistema costituito da diversi tessuti dell’occhio (cornea e congiuntiva), dalle ghiandole lacrimali (che secernono la componente acquosa del complesso tessuto lacrimale), dalle ghiandole di Meibomio (che si trovano nello spessore delle palpebre e che secernono la componente lipidica delle lacrime), dalle ciglia, dalle vie di deflusso delle lacrime al naso.
Questo sofisticato sistema integrato ha un equilibrio dinamico piuttosto versatile, che si deve adattare ai cambiamenti e agli insulti dell’ambiente esterno, mediante un sistema complesso di meccanismi compensatori integrati con il sistema endocrino, nervoso, immunitario. In alcune circostanze, quest’ingranaggio può incepparsi, innescando meccanismi infiammatori che ci portano ad avvertire svariati sintomi, dai più banali ai più invalidanti.
I più comuni sono: fastidio o bruciore agli occhi, fotofobia, sensazione di corpo estraneo o sabbia nell’occhio, difficoltà ad aprire la palpebra al risveglio, episodi di lacrimazione eccessiva (cosiddetta paradossa, cioè un’abbondante produzione di lacrime, prive tuttavia di potere lubrificante, come difesa dall’eccessiva secchezza corneale), arrossamento e affaticamento oculare, episodi di visione offuscata, diminuita tolleranza alla lettura prolungata, al lavoro al computer o qualsiasi attività che richieda attenzione visiva protratta, affaticamento o dolore oculare.
Talvolta la sintomatologia comunemente nota da «occhio secco», pur se lieve, può risultare fastidiosa e persistente, incidendo negativamente sulla vita quotidiana di chi ne è affetto.
Ciò è cosi comune da aver spinto negli ultimi anni ricercatori, clinici e rappresentanti dei settori produttivi a cercare soluzioni sempre più sofisticate al discomfort causato da varie patologie della superficie oculare.
L’impatto legato all’uso di dispositivi elettronici digitali sulla superficie oculare ha acquisito la valenza autonoma di «sindrome» (computer syndrome), comprendendo l’insieme di disturbi oculari e visivi che possono insorgere in conseguenza dell’utilizzo prolungato di monitor di ogni tipo, tablet e smartphone. Questi sono divenuti indispensabili per ogni attività, per ogni fascia di età, per attività lavorative e di svago, soprattutto per alcune abitudini ormai acquisite di «autoisolamento» domestico e di progressivo distanziamento sociale post pandemia Covid, che ha inserito nel mondo lavorativo comune lo strumento del lavoro e della didattica da remoto.
Significative sulla qualità della superficie oculare sono le conseguenze relative a ciò che mangiamo e beviamo, alle nostre allergie (soprattutto se causano congiuntiviti ricorrenti), oltre che malattie metaboliche come il diabete, le patologie della tiroide, molte malattie infiammatorie autoimmunitarie e reumatologiche, dermatologiche, intestinali, nonché le alterazioni della popolazione microbica intestinale.
Altrettanto rilevante è l’impatto di numerosi farmaci, anche auto-prescritti, farmaci da banco, contraccettivi orali, farmaci per l’acne, antiandrogeni per l’ipertrofia prostatica benigna, antidepressivi ad uso cronico, oltre all’uso continuativo di cosmetici.
Spesso determinanti risultano le condizioni ambientali che i nostri occhi subiscono, in particolare l’inquinamento atmosferico, la climatizzazione forzata negli ambienti di lavoro (sia calda che fredda), che spesso alterano il microclima, l’umidità e l’esposizione errata alla luce UV.
Ma anche i nostri stili di vita, spesso scorretti, determinano frequente discomfort della superficie oculare, in particolare i disturbi del sonno, l’inattività fisica e la sedentarietà legata a iper-attività lavorativa, il fumo e frequenti abitudini alimentari scorrette o comunque sbilanciate, lo stress psico-fisico, ormai purtroppo così diffuso.
Molto importante è anche l’uso non corretto delle lenti a contatto, strumento essenziale per una buona visione in molti difetti refrattivi, a tutte le età. L’applicazione delle lenti va correttamente gestita e regolamentata, per non incorrere in sintomi che possono diventare significativi, fino a conseguenze più importanti sulla salute degli occhi, che ne possono controindicare temporaneamente o definitivamente l’utilizzo.
Infine è utile ricordare che tutte le procedure operatorie oculistiche, come la più diffusa chirurgia della cataratta, la chirurgia laser refrattiva, provochino spesso infiammazione prolungata della superficie oculare e una dislacrimia di varia entità, con sintomatologia variabile, da lieve a molto fastidiosa e prolungata. Ciò accade sia per i danni e la sofferenza che tagli anche di pochi millimetri inducono sull’innervazione e sul delicato equilibrio dei tessuti oculari, sia per la terapia post-operatoria a base di colliri antibiotici e cortisonici.
L’applicazione di terapie in gocce, se prolungata, può scompensare la composizione del film lacrimale. È quanto accade spesso - ad esempio - nel caso dei colliri utilizzati per la terapia cronica dell’ipertensione oculare e del glaucoma.
Il trattamento delle malattie più comuni della superficie oculare prevede l’uso prolungato o cronico di colliri che sostituiscono le differenti componenti del tessuto lacrimale. Generalmente sono più efficaci i prodotti monodose o comunque privi di conservanti, poiché risultano meno tossici sulla superficie oculare nel medio-lungo periodo. I colliri possono essere più o meno viscosi, a seconda che la dislacrimia dipenda da una ridotta produzione (ipolacrimia) o da un’eccessiva evaporazione (iperevaporazione).
Poiché spesso alla base di un problema di superficie c’è un’infiammazione delle palpebre e delle ghiandole di Meibomio - solitamente cronica - nota come blefarite, occorre una regolare, accurata e adeguata pulizia palpebrale con tecniche e prodotti specifici (salviette premeditate, unguenti ad applicazione oculare e perioculare).
Nei casi di occhio secco con componente iperevaporativa, si può ricorrere anche al trattamento con la luce pulsata, per stimolare le ghiandole di Meibomio e di riportarle alla loro corretta funzionalità. Il trattamento dura pochi minuti e si applica ripetutamente per settimane o mesi.
Infine, in caso di insuccesso con i trattamenti più comuni e di persistenza dei sintomi, si possono usare farmaci immunosoppressivi a basso dosaggio, o applicare un collirio a base di siero autologo. Quest’ultimo viene prodotto utilizzando parti del proprio sangue e richiede un prelievo in ambiente ospedaliero, per separare la componente corpuscolata del sangue e trasformare il siero in un collirio. Il siero autologo (autosiero) viene adoperato raramente e solo nel caso in cui tutti gli altri trattamenti abbiano fallito.
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