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Diete, verità e fake

Uno studio mette in discussione il «cibo come medicina». Sotto esame soggetti con pasti sani e non La sorpresa: nessun beneficio per il primo gruppo

Diete, verità e fake

di Nicola Gaibazzi

22 Marzo 2024, 11:50

L'espressione “cibo come medicina” suona favolosa. Sembra un'idea vincente, soprattutto per le persone affette da diabete e “insicurezza alimentare”; inoltre, prevenire è certamente meglio che curare. Ma una buona idea che sembra logica, dovrebbe pur sempre passare la prova di uno studio randomizzato, uno cioè in cui totalmente casualmente (“random” appunto) un soggetto viene assegnato al trattamento nuovo, mentre un altro viene lasciato a condurre la vita di prima: è questo l’unico modo per annullare tutte le altre differenze tra individui, spesso invisibili e non misurabili e che potrebbero produrre risultati falsi. Immaginate ad esempio se solo le persone più sane e motivate che fanno sport e non fumano testassero un nuovo farmaco, come spesso accade negli studi volontari, e alla fine morissero meno rispetto alla popolazione generale: non sarebbe per effetto del farmaco, ma perché erano destinati a morire meno per le loro abitudini di vita migliori.

Uno studio ha messo alla prova in uno studio randomizzato il concetto del cibo come medicina. Invece di mangiare i loro amati cibi processati ad alto contenuto calorico, i pazienti con diabete e insicurezza alimentare ricevevano ogni settimana gli ingredienti per 10 pasti sani di prodotti freschi: cereali integrali e non, frutta e verdura fresche, proteine e latticini magri, condimenti per insalate e pane adattati alle esigenze dei pazienti da un dietologo. Previste inoltre consulenze infermieristiche, coaching sanitario ed educazione sul diabete.

Uno studio osservazionale (non randomizzato!) del 2019 aveva mostrato un'associazione tra i programmi di pasti su misura per i medici e un minore ricorso all'assistenza sanitaria. Ma questo progetto di alimentazione come medicina era più grande ed audace dei precedenti.

Forse avete già sentito questa combinazione nella scienza medica: un'idea grande e plausibile, studi osservazionali positivi e una copertura mediatica entusiasmante. Perché non provarne la validità definitivamente?
James Doyle e i colleghi del MIT, di Harvard e della Cornell University sapevano che la loro idea doveva essere testata in uno studio controllato e randomizzato. Hanno condotto lo studio in una comunità urbana e in una rurale. Selezionavano soggetti con una diagnosi di diabete tipo 2 (quello più comune) con un livello di emoglobina glicata elevato (più è alta e peggiore è il controllo del diabete) e insicurezza alimentare, cioè partivano da una condizione di nutrizione scadente.

Dei 700 soggetti arruolati, 350 hanno modificato in meglio la loro dieta, i restanti 350 hanno ricevuto cure standard continuando a nutrirsi come sempre.
Ebbene, i livelli di emoglobina glicata sono diminuiti in misura simile in entrambi i gruppi e non sono state riscontrate differenze sostanziali tra i due gruppi per colesterolo, trigliceridi, pressione sanguigna e glucosio a digiuno nell'arco di 6-12 mesi. Sorprendentemente, quelli con l’alimentazione supersana addirittura hanno guadagnato più peso rispetto agli altri: in media 1,95 kg. E pure i ricoveri in ospedale non erano diversi tra chi mangiava bene e chi no. Non è stato rilevato alcun beneficio oggettivo né nel principale obiettivo dello studio, il livello di emoglobina glicata, né in altre misure di salute cardiometabolica.

È difficile accettare i risultati degli studi quando non vanno nel senso voluto. Sebbene tutti concordino sul fatto che la dieta, l'esercizio fisico, il sonno, e così via, giochino un ruolo centrale in malattie come il diabete, l'ipertensione e l'obesità, questo studio mostra la sfida di combattere le abitudini di vita. Forse non bastano pasti migliori a cambiare lo stile di vita, la cosa è più complessa.

Da appassionato di ricerca ipotizzerei: e se mangiare bene fosse solo una caratteristica associata alle persone più sane (come una preferenza per un colore per dire), ma non la causa vera, diretta dello star meglio? In questo caso obbligare a mangiar meglio una persona non modificherebbe le caratteristiche che determinano direttamente la sua salute. Chissà...
Il fatto che il programma "cibo come medicina" non abbia migliorato la salute quando è stato studiato correttamente non significa che il team di ricerca abbia fallito. Il cibo come medicina è il più grande slogan che esista. A differenza di decine di altri “trattamenti” che migliorano la vita solo delle aziende produttrici, mai testati in studi randomizzati, sapevano che una idea seria doveva essere provata in uno studio controllato randomizzato.
Doyle e il suo team ci hanno mostrato la scienza fatta bene. Questo è un successo. Forse c'è ancora molto da capire sul cibo come medicina, ma questo studio ci mostra l'importanza di mettere alla prova adeguatamente le grandi idee. pacc.gaibazzi@gmail.com



Nicola Gaibazzi
Responsabile Coordinamento attività cardiologiche ambulatoriali dell'ospedale Maggiore.

© Riproduzione riservata

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