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SALUTE

Cardiopatie, fra i nuovi rischi le polveri sottili e il suolo inquinato

Quando il cuore deve mordere la  polvere

di Gianfranco Beltrami

24 Marzo 2024, 20:44

Le malattie del cuore ed in particolare la cardiopatia ischemica rappresentano la principale causa di morte in Italia e nel mondo nonostante siano diventate sempre più efficaci le misure e le terapie contro i fattori di rischio tradizionali vale a dire ipercolesterolemia, fumo, diabete e ipertensione.

Questo perché si sono nel frattempo introdotti nuovi nemici invisibili del cuore, legati all’ambiente che ci circonda e al nostro modo di vivere, che fanno sì che oltre il 15% delle persone colpite da infarto non presenti nessuno dei fattori di rischio tradizionali, come dimostrato in un recente lavoro epidemiologico pubblicato sul “New England Journal of Medicine” che documenta come i fattori di rischio tradizionali siano correlati solo con la metà delle malattie cardiovascolari.
I nuovi nemici del cuore sono innanzitutto le diverse forme di inquinamento (dell’aria, del suolo, dell’acqua, acustico e luminoso) ma anche fattori socio-economici e psicologici (stress, depressione, isolamento sociale) ed anche le malattie infettive che colpiscono nei mesi invernali.

Un interessante articolo pubblicato un mese fa su “European Heart Journal” da un gruppo di lavoro facente capo alla Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs–Università Cattolica di Roma ha coniato il termine “esposoma” per riassumere i nuovi principali fattori di rischio per il cuore che interagiscono in modo imprevedibile, spesso potenziandosi tra loro.
Purtroppo l’inquinamento atmosferico soprattutto da PM2.5 o particolato fine (in grado di penetrare profondamente il sistema respiratorio umano, superando trachea, bronchi e bronchioli fino a raggiungere la zona alveolare), che rende la pianura padana uno dei posti più a rischio nel mondo, sembra che da solo possa ridurre l’aspettativa di vita di 2,9 anni, addirittura di più del fumo che la riduce di 2,2 anni.

Lo studio “Global Burden of Disease”, che analizza le cause di mortalità in tutto il mondo, ha stimato che nel 2019 fossero direttamente riconducibili all’inquinamento 7 milioni di decessi, prevalentemente causati da malattie cardiovascolari, fra cui soprattutto infarti.
Ma quali sono i meccanismi con cui agisce l’inquinamento per danneggiare il cuore? L’aria inquinata sembra possa rialzare la pressione, alterare la sensibilità all’insulina promuovendo la comparsa di diabete, determinando stress ossidativo e infiammazione cronica (interagendo col colesterolo cattivo LDL, ossidandolo e rendendolo più pericoloso) e alterare la funzionalità del colesterolo “buono” (HDL), rendendo così meno efficaci le terapie.

Altri problemi vengono dall’inquinamento acustico e luminoso e soprattutto dal perenne stato di stress imposto dai ritmi sempre più frenetici, che vanno ad alterare i ritmi circadiani degli ormoni dello stress, peggiorando lo stress ossidativo e determinando una infiammazione cronica che porta ad una disfunzione dei vasi del sangue e ad una maggior aggregabilità delle piastrine, promuovendo così la comparsa di cardiopatia ischemica, ictus, aritmie e malattie trombo-emboliche.
L’inquinamento del suolo infine, come quello da metalli pesanti (cadmio, piombo e arsenico), pesticidi o particelle di plastica, può contaminare l’acqua e il cibo, contribuendo alla comparsa di eventi cardiaci avversi.

Anche i cambiamenti climatici, che sono strettamente correlati all’inquinamento, hanno un impatto importante sulla salute del cuore: specialmente le sempre più frequenti ondate improvvise di caldo sembrano essere correlate ad aumentato rischio di mortalità cardiovascolare.
Da non sottovalutare poi la salute mentale, legata a doppio filo a quella del cuore. Lo stress cronico, la depressione, l’isolamento sociale determinano una iper-attivazione del sistema nervoso simpatico che può portare ad aritmie come la fibrillazione atriale e all’ipertensione arteriosa, mentre l’aumentata produzione di cortisolo dai surreni può promuovere insulino-resistenza e favorire il pericoloso accumulo di grasso a livello viscerale. Lo stress inoltre porta spesso ad abbandonare i corretti stili di vita favorendo la sedentarietà e una dieta poco sana e potenziando così i fattori di rischio cardio-vascolari tradizionali.
Recenti ricerche hanno infine documentato come le infezioni delle vie aeree superiori come l’influenza, ma anche il Covid-19, le parodontiti e le gastriti da Helicobacter pylori, aumentando l’infiammazione, l’aggregazione delle piastrine e danneggiando anche direttamente le cellule del cuore, siano correlate ad un aumentato rischio cardiovascolare.
Le ricerche scientifiche hanno negli ultimi tempi favorito la consapevolezza sociale del problema e le principali linee guida cardiovascolari stanno ora prendendo in seria considerazione l’importanza di ridurre l’esposizione a questi nuovi fattori di rischio per il cuore. Benefici sostanziali possono essere ottenuti dalle politiche ambientali con l’incremento delle energie rinnovabili, la riduzione del traffico e la promozione dei trasporti con veicoli a bassa emissione. Ma sono molto importanti anche le condotte individuali con la sensibilizzazione del cittadino ad attuare misure contro lo stress, ad evitare esposizioni in aree molto inquinate, specie quando si fa attività fisica, non esponendosi ai rumori, favorendo un sonno di qualità lontano da fonti luminose.
Fondamentali anche l’adozione di una dieta sana ed equilibrata e la prevenzione delle malattie infettive sia coi vaccini che con misure igieniche quali la sanificazione delle mani e l’adozione della mascherina nei luoghi più affollati.



Gianfranco Beltrami
Vice Presidente Federazione medico sportiva italiana, direttore scientifico Terme di Monticelli.

© Riproduzione riservata

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