salute
In questi giorni il governo ha posticipato di due anni (al luglio del 2026) l’introduzione in Italia della “sugar tax”, un’imposta sulle bevande analcoliche zuccherate o dolcificate con prodotti naturali o sintetici già esistente in diversi paesi europei fra cui la Gran Bretagna, la Norvegia e la Francia.
Un'imposta che mira a influenzare il comportamento dei consumatori aumentando il prezzo di prodotti ad alto contenuto di zucchero al fine di scoraggiarne il consumo e ridurre l’incidenza di malattie correlate all’eccesso di zucchero nella dieta.
La tassa nasce dalle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ed è poi messa in atto dai legislatori di diverse nazioni con un intento salutistico e come incentivo a promuovere stili di vita più sani, che dovrebbero contribuire a ridurre l’esplosione di di sovrappeso e obesità che si sta registrando in tutto il mondo, Italia compresa, e che rappresenta la causa di tutta una serie di altre patologie fra cui il diabete, le malattie dell’apparato cardiovascolare ed alcune forme di tumore.
Secondo l’Oms i vantaggi per i Paesi sarebbero più di uno: un maggior gettito fiscale, una popolazione più magra e in salute e un sistema sanitario alleggerito da pressioni eccessive, quindi meno spese per la collettività.
Fra le bevande colpite dalla sugar tax ci sono i succhi di frutta e ortaggi con aggiunta di zucchero e dolcificanti e le bevande a base di acqua minerale, aromi, edulcoranti o zucchero, sempre più diffuse.
L’efficacia della sugar tax è però oggetto di dibattito: mentre alcuni studi hanno dimostrato una riduzione del consumo di bevande zuccherate in seguito a questa tassa, altri hanno sottolineato il suo impatto limitato, in quanto i consumatori potrebbero scegliere di acquistare prodotti zuccherati di fascia più economica o di rivolgersi ad alternative non tassate.
Sebbene la sugar tax possa rappresentare uno strumento utile nella lotta all’obesità e alle malattie correlate allo zucchero, per ottenere risultati duraturi nella prevenzione delle malattie legate all’alimentazione è importante considerarla come parte di un approccio più ampio che includa politiche pubbliche sociosanitarie mirate, interventi educativi e promozione di stili di vita sani.
Alla base di tutto vi è però un quesito: fa davvero così male lo zucchero? A giudicare dai tanti lavori scientifici che ne condannano l’utilizzo sembra proprio di sì e un recentissimo articolo pubblicato un mese fa sulla rivista “The American Journal of Clinical Nutrition” da un gruppo di ricercatori del dipartimento di nutrizione dell’Harvard Chan School di Boston ha dimostrato che l’utilizzo di bevande contenenti zucchero o dolcificanti porterebbe ad un notevole incremento di patologie dell’apparato cardiovascolare, fra cui infarto e ictus, non solo alla popolazione in generale ma anche in persone che praticano regolarmente attività fisica.
Bisogna quindi cercare di aumentare la consapevolezza negli acquisti e prestare attenzione, oltre che alla quantità, anche ai vari nomi che indicano le diverse tipologie di zucchero che si possono leggere nelle etichette e che vengono spesso indicati come additivi con varie sigle.
Leggendo le etichette si scoprono zuccheri nascosti in diversi prodotti con varie funzioni: migliorare la conservazione (come in diversi prodotti in scatola a base di legumi e verdure, nei salumi e nel pane in cassetta), dare croccantezza o friabilità (come nelle panature dei surgelati o nei crackers), bilanciare il sapore acido di alcuni cibi (come in alcuni sughi pronti), addensare (come in zuppe, creme, piatti pronti o salse).
Oltre a zucchero bianco o scuro o di canna, gli zuccheri sono mimetizzati coi nome di saccarosio, glucosio, fruttosio, destrosio, maltosio, sciroppi vari (di glucosio-fruttosio, di mais, di riso), zucchero d’uva, polioli o polialcoli (sorbitolo E420, mannitolo E421, isomalto E953, maltitolo E965, xilitolo E967, eritritolo E968), acesulfame K (E950), aspartame (E951), ciclamati (E952), saccarina (E954), sucralosio (E955). Una volta ingeriti questi prodotti vengono rapidamente assorbiti provocando un repentino innalzamento della glicemia ed una sovrapproduzione altrettanto veloce di insulina.
Un fenomeno che, se mantenuto nel tempo, porta ad una minore efficacia dell’insulina, definita insulino resistenza, che causa infiammazione cronica dell’organismo con conseguente sovrappeso, obesità e in diversi individui sindrome metabolica e diabete.
Altri effetti secondari ma non meno pericolosi dell’assunzione eccessiva di zucchero sono i danni alla pelle, in quanto l’eccesso di zucchero rende più facile la creazione di un suo legame con le proteine corporee, determinando l’alterazione strutturale e la perdita di funzionalità di queste ultime. Un processo definito glicazione, che nella pelle si manifesta con un legame degli zuccheri con collagene ed elastina, due proteine contenute nel tessuto cutaneo, provocandone l'invecchiamento accelerato. Tale fenomeno di glicazione, molto evidente nella cute, si realizza in tutti i tessuti e organi dell’organismo accelerando l’invecchiamento.
Evitare gli zuccheri non vuol dire non mangiar proprio più niente di dolce ma ridurli il più possibile eliminando gli eccessi. L’importante è che l’assunzione di qualche dolce avvenga nell’ambito di un apporto nutrizionale corretto e bilanciato e in questo caso nessun problema a concedersi ogni tanto un biscotto o una fetta di torta, anche perché il cibo ha una sua componente emotiva e svolge un importante ruolo sociale.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata