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SALUTE

Cervelli allenati. I fattori di rischio per ictus, demenza e depressione senile: come contrastarli con dieta, attività fisica e socialità

Cervelli allenati

di Monica Tiezzi

16 Giugno 2025, 09:33

La chiave per invecchiare bene è la prevenzione. E l'epigenetica ci insegna che le nostre esperienze ambientali riescono ad influenzare l'espressione dei geni, pur senza senza alterare la sequenza del Dna. Ne parliamo con Gianfranco Marchesi, neurologo, psichiatra e fisiatra.

«Esiste un'indiscussa individualità nel modo in cui il cervello di ognuno invecchia e la modalità e i tempi dipendono dalla relazione fra fattori genetici, ma soprattutto ambientali - dice Marchesi - Il cervello è l'organo più plastico, maneggevole, autopoietico che abbiamo e che costruiamo continuamente con le esperienze, arricchendo la rete di interconnessioni tra i neuroni su cui è basata la nostra intelligenza».

Cosa fare per tenere allenato il cervello?

«Servono attività piacevoli, stimolanti cognitivamente e gratificanti sul piano emozionale. Cruciale mantenere la sete di sapere, la curiosità, la capacità di meravigliarsi, il desiderio di imparare. Arte, libri, giornali, giochi, viaggi, musica, danza, cruciverba e puzzle possono aiutarci a dare non solo anni alla vita ma vita agli anni».

Quali altri abitudini sono salutari?

«”Mettere a dieta” il cervello affidandoci alla dieta mediterranea ricca di frutta e verdura, pesce grasso, olio evo e frutta secca con guscio, così come è importante una buona idratazione ed evitare cibi ultraprocessati che favoriscono l'infiammazione. Molto importante anche correggere l'ipoacusia per non perdere la comunicazione con le persone e il mondo. Resta fondamentale l'attività fisica che stimola attività mentali: vista, attenzione, memoria, creatività. Anche solo camminare sviluppa la cognizione motoria che attiva centri e vie neuronali. Il cervello beneficia inoltre di un sonno che sia sufficiente a recuperare le energie mentali, dare forma ai ricordi che servono, eliminando ciò che non è utile, e rinforzando solo le esperienze formative e catartiche».

Quali sono invece i fattori di rischio per ictus, demenza e depressione?

«Un recente studio americano ha evidenziato che la probabilità di contrarre ictus, demenza e depressione in età avanzata si potrebbe ridurre modificando alcuni comportamenti e stili di vita. Sono stati identificati 17 fattori di rischio comuni a queste tre malattie cerebrali: se modificati, potrebbero essere prevenuti almeno il 60% degli ictus, il 40% dei casi di demenza e il 35% dei casi di depressione senile. Secondo il protocollo “Brain care score”, elaborato dai ricercatori del Massachussets General Hospital, tra i fattori di rischio condivisi da almeno due delle patologie ci sono: pressione arteriosa alta; sovrappeso e obesità; diabete; malattie renali; colesterolo alto; fumo; consumo eccessivo di alcol».

Quanto conta avere buone relazioni sociali per mantenere attivo il cervello?

«La relazione sociale reale è quella con la massima capacità di stimolazione dei neuroni. Il tono della voce, le espressioni, il linguaggio del corpo aiutano la mente a decodificare il messaggio. Tutto questo non c'è sul web e nei contatti virtuali. Una vita di relazione ricca è un ottimo mezzo per preservare la funzionalità cognitiva, così come lo è mantenere la mente attiva coltivando interessi e passioni che promuovono la plasticità cerebrale, capace di riparare danni e usure del cervello e di vicariare le funzioni eventualmente perse con l'invecchiamento. Insomma, avere uno scopo nella vita. Ed è importante ridere».

L'umorismo come medicina: un vecchio adagio che ha basi scientifiche?

«Il senso dell'umorismo è un tratto distintivo della nostra specie. Le neuroscienze oggi ci dicono che sorridere è un bisogno primario dell'essere umano, una sua innata inclinazione stampata nel cervello con una circuitazione predisposta e specializzata a sede corticale e sottocorticale profonda. La risata è stata sempre un mezzo di comunicazione preverbale-empatica di disponibilità sociale e reciprocità in sicurezza ed amicizia, utile alla coesione del gruppo e fra i gruppi e quindi importante ai fini della sopravvivenza e del progresso evoluzionistico. Quindi ridere fa bene al cuore e alla mente: accelera il battito cardiaco, migliora la circolazione, dilata i polmoni. Sorridere facilita i rapporti interpersonali, e una rete sociale articolata con buoni punti di riferimento per i momenti difficili protegge dal declino cognitivo e dalla depressione, riducendo anche il rilascio di ormoni dello stress deleteri per il cervello, come il cortisolo».

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