Inserto: ReggioParma
«Reggio Parma Festival costituisce un modello unico in Italia e una rarità europea»: il presidente Luigi Ferrari conduce nel dietro le quinte della speciale alleanza per l’arte senza confini.
Quanto conta per il Festival l’investitura statale, sotto l’egida legislativa del 2001?
«Le amministrazioni comunali delle due città, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatro Due di Parma e Fondazione Teatro Regio di Parma, sono socie reali, alla presenza dello Stato. Il presidente è nominato dal Ministro su designazione di ciascun sindaco alternativamente. L’idea nuova è il progetto comune per unire forze e specificità territoriali con eco internazionale, estendendo la ricerca a musica, danza, prosa, cinema e arti visive. A questo dobbiamo il Sipario d’artista di Mimmo Paladino al Regio e il “Bestiario della Terra” di Yuval Avital, che dopo aver “invaso” Due, Regio e Valli ora è giunto nella Capitale, su richiesta della Soprintendenza di Roma, nella versione “Lessico Animale Mysterion”».
L’edizione 2023 aggiunge un capitolo ancora da sfogliare alla storia di RPF, con danza, teatro e musica. Che valenza ha quest’intreccio artistico?
«Quest’anno siamo tornati sulla danza con il grande omaggio a Maguy Marin, artista che pur avendo segnato dalla sua Francia la storia della danza europea del ventesimo secolo non aveva mai ricevuto una retrospettiva completa in un Paese diverso dal suo. A ciò si aggiungono la messa in scena del Peer Gynt, il Gala Verdiano e l’anniversario di Musica Realtà, iniziative che, insieme, compongono un cartellone decisamente fuori scala rispetto alle normali dimensioni produttive dei tre festival».
Cosa comporta a livello personale la presidenza di Reggio Parma Festival?
«Nella vita sono stato alla guida di realtà musicali diverse, direttore artistico e sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, direttore artistico del Rossini Festival, del Wexford Festival Opera e del Teatro de la Maestranza di Siviglia, sovrintendente della Fondazione Arturo Toscanini e dell’omonima orchestra sinfonica. Mi sono sempre occupato di musica in una prospettiva legata alla sperimentazione. Le mie lontane origini vengono dal teatro: ho cominciato a lavorare nel 1972, a vent’anni, come pianista al Piccolo di Milano. Si figuri, dunque, l’interesse e la gioia di poter far confluire in un’unica modalità di sperimentazione e indagine tre istituzioni di quest’importanza. Altro elemento di grande interesse è il territorio in cui questo avviene. Non esiste in Italia un luogo così fecondo d’iniziative produttive come quello del Reggio Parma Festival: una densità che sarebbe invidiata da ogni grande capitale europea. Si tratta di una ricchezza, importante almeno quanto il Food, che fa di quest’area anche un’Opera Valley, una Theatre Valley, una Culture Valley».
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