I GIARDINI DELLA PAURA
Zampaglione: «Il mio horror spiazzante»
Il mercoledì è sempre un brivido ai Giardini di San Paolo e ieri sera l’amatissima kermesse parmigiana «I Giardini della Paura» ha accolto un personaggio di grande richiamo. La rassegna, curata da Matteo Barbacini dell'Ufficio Cinema - Assessorato alla Cultura del Comune di Parma, si è fregiata del super ospite Federico Zampaglione: regista e frontman dei «Tiromancino» ha presentato in anteprima l’ultima pellicola «The well» (nelle sale dal 1° agosto).
Prima dell'incontro pubblico, abbiamo avuto occasione di intervistarlo.
Stasera presenta un progetto particolare a cui sono state date varie interpretazioni: ma qual è il vero messaggio del film?
«Non è mai facile per chi l’ha realizzato descrivere il proprio film… io ho fatto qualcosa in cui credevo molto e ho aspettato tanto prima di tornare all’horror, perché volevo una storia che mi appassionasse fino in fondo. Credo che il film riesca a rompere gli schemi: sembra inizialmente un prodotto appartenente al gotico italiano però ha delle derive che portano altrove. Il pubblico viene spiazzato dalla sorpresa: non si aspetta alcuni elementi di questo lavoro. Durante le riprese mi sono mosso in libertà, non avevo la ricetta e ho mischiato le carte in tavola».
Nei suoi lavori si parla spesso del male: che valore ha per lei questa tematica?
«Il male fa parte della nostra esistenza: è impossibile non averci a che fare. Vale anche per il bene certo, ma questo è un mondo cattivo dove succedono eventi terribili. La realtà è più tremenda dei film: le cose che leggiamo nella cronaca sono devastanti! Sono contento di esprimermi come artista cercando il bene nella musica dei “Tiromancino” e tirare fuori nel cinema un mio darkside».
Riflettendoci oggi: un punto di forza del suo film e qualcosa che cambierebbe?
«Io non ho mai ragionato in questi termini: nei miei progetti metto il cuore e lavoro fino alla follia. Mi piace curare tutto fino in fondo e fortunatamente di rado ho dei veri e propri rimpianti. Il difetto c’è sempre nell’arte e pur provando a dare un’idea di perfezione al lavoro, l’opera ha comunque il dono della precarietà. L’importante per me è che arrivi quello che io volevo arrivasse: il film deve far paura e inquietare. Questa è la sua anima».
Com’è stato lavorare con sua figlia Linda e Claudia Gerini sua ex compagna?
«Non ho mai dato questo connotato parentale sul set: primo per rispetto degli altri attori, ma soprattutto perché quando lavoro evito l’aspetto personale. Le amicizie e le parentele non mi interessano: gli attori, quando riprendiamo, sono attori e se una cosa non funziona non funziona. Ho avuto lo stesso approccio che avevo con gli altri attori e pure Linda o Claudia non hanno cercato familiarità o confidenza. Ogni attore ha voluto essere diretto in maniera pulita e tecnica: ho dato sempre delle spiegazioni ben decise».
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