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Addio a Jongbloed, il portiere dell’Olanda di Cruijff: rivoluzionò il ruolo tra i pali

Addio a Jongbloed, il dell’Olanda di Cruijff: rivoluzionò il ruolo tra i pali

31 Agosto 2023, 15:51

Jongbloed, Krol, Suurbier, Rijsbergen, Haan, Jansen, Rep, Neeskens, Cruijf, Van Hanegem, Rensenbrink. Impossibile dimenticare questa formazione per chi ama il calcio. Era l’Olanda beat dei Mondiali del 1974, dei capelloni che portavano le mogli in ritiro e sul campo erano gli aedi della rivoluzione del calcio totale, cominciata dai successi di club di Feyenoord e Ajax. Persero la finale con la Germania Ovest ma rimasero negli occhi e nei cuori degli appassionati, perché erano la poesia del football, la libertà di giocare senza ruoli fissi e facendo il pressing, qualcosa di mai visto prima. Johan Cruijff era il loro profeta sul terreno di gioco, Rinus Michels quello in panchina.
Poi c'era quel portiere, Jan Jongbloed scomparso oggi, con la maglia gialla numero 8, una delle tante stravaganze di quella squadra, un 34enne richiamato in nazionale, nel '74, dodici anni dopo l’ultima volta e che parava a mani nude «perché i guanti - spiegò - non mi permettevano di bloccare bene la palla». All’epoca era un calciatore semiprofessionista perchè di lavoro faceva anche il tabaccaio, ma con il pallone ci sapeva fare, al punto da essere ritenuto quasi più bravo con i piedi che con gli arti superiori. E proprio per questo Michels lo aveva richiamato, perché nel suo calcio vedeva il portiere come una sorta di 'libero aggiuntò, quindi Jongbloed era l’uomo che faceva al caso suo. Insomma quel n.8 dell’Olanda è stato il precursore dei portieri di oggi, che devono essere bravi a giocare anche con i piedi e fanno partire la manovra dal basso. Come quella Olanda che per svariati minuti non faceva toccare palla agli avversari e che in porta aveva uno che, con quell'8, voleva sottolineare che loro erano la squadra degli intercambiabili decisi a svincolarsi dai ruoli classici per essere 'totalì, «la percezione estrema - parole di Jongbloed - del concetto di libertà».
Quel giocatore primatista di presenze nel campionato olandese e in campo fino ai 45 anni prima che un principio di infarto in campo lo costringesse a smettere, ci fu anche ai Mondiali del 1978 in Argentina, quando i guanti fu costretto a metterseli perché già allora i palloni erano sempre più leggeri e quindi con traiettorie imprevedibili. Subentrò all’infortunato Schrijvers contro l’Italia e poi giocò la finale persa con molti rimpianti contro l’Albiceleste, la nazionale di casa. Come quattro anni prima, quando a fargli gol, oltre a Gerd Muller, era stato, su rigore, Paul Breitner, un comunista come lui e anche, purtroppo per l’olandese, uno che i penalty non li sbagliava mai.

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