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Pagliari bocciato al Senato. E ora il governo rischia la crisi

Pagliari bocciato al Senato. E ora il governo rischia la crisi

di Serenella Mattera

06 Aprile 2017, 11:52

La maggioranza si spacca sul voto per la presidenza della Commissione Affari istituzionali: il parlamentare parmigiano battuto da un alfaniano. Lui: «No comment»

Lo spettro di una crisi di governo si materializza improvviso. In Senato non regge il patto di maggioranza e, con voto segreto, viene eletto alla presidenza della commissione Affari costituzionali Salvatore Torrisi, di Ap, invece del candidato Pd, il parmigiano Giorgio Pagliari. La reazione di Matteo Renzi e dei parlamentari a lui vicini è immediata e furente: «E’ un patto della conservazione tra M5S e FI, Mdp e Ap per non cambiare la legge elettorale», accusano. E a stretto giro i vertici del Partito democratico annunciano la richiesta di un incontro al premier Paolo Gentiloni e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per un urgente chiarimento politico.

Così non si può andare avanti, avvertono i renziani. E anche Andrea Orlando osserva che l’episodio può portare alle elezioni anticipate. In serata, dopo un colloquio con Gentiloni, Angelino Alfano chiede a Torrisi di dimettersi per permettere l’elezione del candidato Pd. Ma la tensione è alle stelle, le accuse incrociate anche tra i Dem.

Il «casus belli» è il voto per la presidenza della commissione del Senato, quella attraverso la quale cui passa la riforma della legge elettorale. Il Pd candida il parmigiano Giorgio Pagliari. Ma il voto segreto finisce 16 a 11 per il centrista Torrisi, sebbene Ap lo avesse ufficialmente tirato fuori dalla contesa. Pagliari non ha voluto commentare l'episodio.

Chi ha eletto Torrisi? Partono le accuse incrociate tra i vari schieramenti: ai voti di M5S e FI si sono sommati quelli di senatori di maggioranza e il Pd punta subito il dito contro Mdp e Ap. «Guardino in casa loro», rilanciano la palla Bersani e Speranza, che invitano a guardare alle divisioni dei Dem. Anche Ap nega ogni responsabilità e in serata i senatori centristi tengono il punto: i deputati e Alfano invitano Torrisi un passo indietro che ad ora non c’è.

I renziani sottolineano che quello che appare un passaggio tecnico è tutto politico: dimostra che non c’è volontà di cambiare la legge elettorale, si vuole tenere il sistema politico nella «palude» del proporzionale. «Si è superato il limite», dice Luigi Zanda, nel mirino dei renziani per non aver saputo gestire la vicenda.

«La lealtà in maggioranza non è un optional», avverte Ettore Rosato. Mentre Matteo Orfini, reggente del Partito democratico, attacca gli scissionisti di Mdp: «Sono nelle maggioranza? Non mi pare proprio». A Gentiloni e Mattarella il Pd chiede un confronto sulla situazione politica e in serata Guerini e Orfini vanno a Palazzo Chigi. Tra premier e capo dello Stato nel pomeriggio ci sarebbero stati contatti ma al Quirinale reputano la richiesta irrituale, davanti a una vicenda strettamente parlamentare.

Gentiloni interviene in prima persona: sente il ministro degli Esteri ed esprime «preoccupazione» per quello che reputa un «episodio grave». Alfano lo rassicura e dirama la nota in cui chiede a Torrisi le dimissioni. A taccuini chiusi i renziani la spiegano così: da Def e voucher (è scontro tra Bersani e gli alfaniani), alla legge elettorale, il rischio è non riuscire a far niente. «Mi fido di Gentiloni ma l’importante è che il gatto prenda il topo», afferma Renzi.

Così non si può andare avanti, ragionano i parlamentari Pd: se va avanti così, non c’è alternativa al voto a settembre, afferma un deputato Dem «guardando» al Colle.

Ma anche all'interno del Pd è scontro. I sostenitori di Emiliano e di Orlando attaccano i renziani: «Il Pd rischia di diventare fattore di instabilità», dice Gianni Cuperlo.

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