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Un azzardo mentre l'Italia è nel guado 

Un azzardo mentre l'Italia è nel guado 

di Francesco Bandini

15 Gennaio 2021, 09:23

 

La crisi è di fatto aperta e le prospettive su come evolverà (o degenererà) sono ancora quantomai fumose. Di sicuro c’è – sondaggi alla mano – che la maggior parte degli italiani questa crisi non la capisce: non ne capisce le ragioni, ma ne teme i possibili sbocchi. «Irresponsabile», «distruttivo», «pericoloso», «un azzardo» sono alcune delle parole usate dai commentatori per definire l’atteggiamento di chi ha portato il Paese a questo punto. Forse l’espressione più efficace l’ha usata Massimo Franco sul Corriere sella Sera, quando ha bollato la scelta di Renzi come «bullismo istituzionale».  
Il timore di tanti è che la situazione che si sta determinando possa nuocere al Paese, andare contro gli interessi di una comunità colta nel bel mezzo di un guado. L’Italia, come tutti gli altri Paesi ma (secondo significativi parametri) anche più di altri Paesi, è in piena crisi pandemica ed economica. Abbiamo il più alto tasso di morti in rapporto alla popolazione, le peggiori prospettive di riduzione del Pil, il maggior numero di giorni di scuola persi.


In tale situazione, quali che siano le ragioni che possono aver indotto il più sparuto fra i partiti di maggioranza a staccare la spina, la gente chiede sicurezza e stabilità: ne ha pieno diritto e sarebbe prioritario dovere delle istituzioni agire per dare risposta a questa sacrosanta richiesta. Invece si mettono le istituzioni nelle condizioni di non poter operare.   

È pur vero che un Paese con un governo dimissionario, o anche con un governicchio elettorale o di scopo (quale potrebbe essere quello che scaturirà da questa crisi), non sarebbe un Paese bloccato: i suoi bracci operativi di sicuro continuerebbero a funzionare, gli ospedali di certo non chiuderebbero, la ricerca di certo non si fermerebbe, ma ciò che verrebbe a mancare sarebbe una guida che indichi una prospettiva univoca, in grado – fra le altre cose – di fare il miglior uso possibile della gran quantità di risorse che l’Italia si trova ora ad avere a disposizione. Impedire questo seminando instabilità e incertezza, e al tempo stesso precipitando il Paese nella spirale già vista mille volte fatta di rituali partitici e bassi tatticismi, non sarebbe certo la miglior ricetta in un momento come quello attuale: mentre negli ospedali la gente muore, mentre a migliaia si ammalano ogni giorno e mentre milioni di operatori economici sono sull’orlo del tracollo, nei palazzi delle istituzioni si disserta dottamente su quale bizantinismo da prima repubblica applicare per trovare uno straccio di via d’uscita a una crisi che non poteva arrivare in un momento peggiore.  

La questione non è se essere o meno a favore di Conte e del suo governo, ma se era proprio necessario dare alle istituzioni del Paese questa spallata (per di più con la solita lite da pollaio politico a cui siamo tristemente abituati) e soprattutto se era necessario darla adesso, nel momento in cui proprio il governo che si vuole abbattere dovrebbe cercare di rappresentare una certezza per milioni di persone, che di tutto hanno bisogno fuorché di instabilità. 

 
 

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