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Usa contro Cina ma il conflitto porta guai:  urge dialogo

Usa contro Cina ma il conflitto porta guai:  urge dialogo

di  Augusto Schianchi

25 Settembre 2021, 09:03

La leadership cinese avrà certamente festeggiato la disastrosa ritirata degli americani da Kabul: una perdita di prestigio e di credibilità, tutta a vantaggio degli avversari russo e cinese.
Ma questa soddisfazione si sarà rapidamente trasformata in preoccupazione, perché nessuno poteva illudersi che il ritiro americano si sarebbe trasformato in un altrettanto ritiro dalla leadership del mondo. Anzi il ritiro poteva trasformarsi in una veloce riconversione dell’impegno degli Stati Uniti verso il loro maggiore avversario, la Cina. E così è stato.


La sottoscrizione del patto di alleanza Aukus (Australia, Regno Unito, Stati Uniti) rappresenta un passo nella costruzione di una nuova geopolitica, finalizzata a contenere l’aspirazione della Cina ad assicurarsi la supremazia militare della regione a sud del sub-continente cinese. Questa alleanza consolida gli arsenali missilistici in Giappone, ed alla base dei sommergibili a Guam.
E questo solo è il primo passo per rafforzare la presenza militare degli Stati Uniti, dopo un decennio di incertezza strategica, durante il quale la Cina aveva allargato le proprie zone d’influenza. Il prossimo passo sarà l’allargamento dell’alleanza ad India e Giappone. Tutto nell’ottica di una cooperazione difensiva, allargabile alla Corea del Sud ed agli altri paesi confinanti, non escluso il Vietnam, un partner commerciale in crescendo, in concorrenza con la Cina stessa, nonostante la comune fede politica.
Nel contesto l’Australia (che non aderisce alla Nato) ha rotto il contratto con la Francia per la fornitura di 12 sottomarini a propulsione diesel (per 36 miliardi di dollari), per comprarne in alternativa (almeno) 8 a propulsione nucleare di produzione anglo-americana. E’ seguita la reazione francese durissima, con chiare minacce sul futuro della Nato. Peraltro un buon motivo per riprendere la discussione sul futuro dell’Europa nell’ambito dell’alleanza atlantica.


Gli interessi americani nel Pacifico nel confronto con la Cina sono troppo importanti per arrestarsi di fronte a un contratto. Tra l’altro la Francia non si è mai dimostrata fedele agli impegni, come nel caso della detronizzazione di Gheddafi. La rilevanza strategica di un sottomarino nucleare non può essere sottovalutata, tenendo anche conto della contrapposta relativa debolezza della Cina su questo fronte.
La costituzione dell’alleanza Aukus dovrebbe far riflettere la Cina, e ponderare i propri obiettivi di lungo periodo nel confronto con gli Stati Uniti. La Cina può contare su una crescita forte nel prossimo decennio. Oggi il suo Pil è il 70 percento di quello americano (agli attuali tassi di cambio). Ma il suo reddito pro-capite è di 10 mila dollari, un sesto di quello degli americani. La Cina sta investendo grandi capitali sulle nuove tecnologie e sulla formazione dei tecnici, così da conseguire una propria autosufficienza tecnologica. Nei prossimi 15 anni, la Cina con una crescita al 4,75% (contro quella americana del 2%), potrebbe superare gli Usa, ma il reddito pro-capite cinese rimarrebbe un quarto di quello di un americano. Non solo, ma nel 2040 l’età media dei cinesi sarà di 46,3 anni; quella americana di 41,6. L’invecchiamento della popolazione abbassa la crescita, com’è già accaduto al Giappone dopo gli anni ’90. Non solo ma la crescita accelerata porta sempre a problemi di stabilità finanziaria, perché il debito (pubblico più privato) cresce in misura ben maggiore. Il settore delle costruzioni in Cina rappresenta un terzo del Pil complessivo, con abitazioni invendute per 90 milioni di persone e 3 mila miliardi di debiti (pari al debito pubblico dell’Italia). Come evidenzia la crisi attuale della società Evergrande appesantita da 300 miliardi di dollari di debito. 


La Cina con una popolazione 4 volte di quella americana avrà un Pil maggiore degli Usa nell’arco dei prossimi 20 anni, con una tecnologia e forze armate d’avanguardia. Ma le conviene una politica internazionale aggressiva, alla quale ovviamente gli Stati Uniti risponderebbero con un altrettanto aggressivo accerchiamento?
La risposta è ovviamente negativa, ma non bastano le parole per proclamare le proprie buone intenzioni. Il mondo ha ben altri problemi di fronte, a cominciare dallo sconfiggere la pandemia e dal cambiamento climatico.
Gli equilibri basati sulla cooperazione sono comparativamente migliori rispetto agli equilibri conflittuali. Ma richiedono come condizione preliminare un rapporto di fiducia reciproca. Dialogo, fiducia e cooperazione dovranno essere le parole d’ordine del futuro.   

 

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