Forza Italia? «E’ diventata ormai una casa asfittica, con una classe dirigente asfittica e un po’ invigliacchita». Non entrerà nei manuali delle buone maniere, il giudizio di Giovanni Toti in acrimoniosa uscita da Forza Italia dopo essere stato uno dei dirigenti più vicini a Berlusconi. Il quale l’aveva cooptato ai vertici degli «azzurri», poi lanciato e sostenuto per la presidenza della Liguria e infine fatto co-conduttore del partito in crisi. Nomina frutto di un aut aut che Toti gli aveva posto minacciando le dimissioni, cosa che aveva scontentato tutto il vertice forzista. «Uno da me nominato che dando battaglia contro il sistema delle nomine ottiene e accetta di essere da me rinominato» :è il sarcasmo tardivo del Cavaliere che ora parla dell’ipotesi di fondare «Altra Italia», convinto che ci sia ancora modo di guadagnarsi i voti dell’Italia dei moderati, cattolici e liberali. Stesso intendimento è quello di Toti: pescare voti un pochino più a destra. Ci sono in palio i due milioni e trecentomila voti ottenuti da Forza Italia nell’ultima tornata elettorale: gran parte dei quali probabilmente finirebbero nel carniere di Salvini. Sembra molto difficile che in un clima di disfacimento come questo, una debacle che certifica il fallimento di una linea politica sconfitta e già in larga misura cannibalizzata dal ministro degli Interni, Toti e Berlusconi possano trovare spazio. Anche perché la vicenda viene percepita come uno scontro, un fatto personale tra il vecchio leader e il rampante insidiatore.
Quel che è accaduto è chiaro. Toti pretendeva le primarie di Forza Italia «aperte» a tutto il centro-destra. A Berlusconi è stato facile capire dove l’arrembante ragazzone volesse andare a parare: amico di Matteo Salvini e propugnatore dell’indispensabilità di un patto di ferro con la Lega e Fratelli d’Italia, in una votazione non riservata ai soli iscritti avrebbe raccolto un numero di voti tale da assurgere a un ruolo decisivo.
Le primarie? La ricerca del miglior condottiero possibile? Per il Cavaliere di Arcore sono logiche e sensate per gli sfortunati partiti che non hanno la fortuna di avere un Berlusconi. Strano, notano in molti, che Toti si sia avventurato su un terreno che sapeva essere minato. Né disconosceva il destino amaro degli aspiranti delfini di Roi Silvio.
In effetti il dubbio che si tratti di un contesto in cui tutti dubitano di tutti è legittimo. L’entourage del Cavaliere vede nelle mosse di Toti l’incursore destabilizzante inviato da Salvini in pieno accordo con Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, per provocare una diaspora di parlamentari forzisti.
Voci del Palazzo parlano di venti onorevoli e dieci senatori già con la valigia in mano e comunque pronti a salvare il governo che al Senato ha una maggioranza risicata.
Una situazione ideale per il vicepremier Salvini ormai diventato un’icona per milioni di italiani. I sondaggi lo danno addirittura al 40 per cento. E’ questa la bellezza della politica basata sull’irrealtà dei pronostici.
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