L'editoriale
Sono settimane, queste, segnate dal ritorno prepotente della guerra. Fortunatamente (almeno per ora) l'Occidente non è un campo di battaglia ma l'intrusione del conflitto è netta sia nell'immaginario collettivo che nelle prime conseguenze economiche, che al momento impattano sulle materie prime e sull'energia in particolare.
Il tema energetico ha fatto riaffiorare - come accade in ogni crisi - i punti più vulnerabili del Belpaese. E ha riportato alla memoria quella strana stagione a cavallo fra il 1973 e il 1974, l'«Austerity», fatta di domeniche senz'auto, che oggi si ricorda quasi come un curioso amarcord. Eppure fu una lezione che l'Italia non capì: allora fu la crisi seguita alla guerra nello Yom Kippur, oggi è l'invasione dell'Ucraina ma prima ancora sono state altre crisi che impattano principalmente sul petrolio ad aver messo a nudo la nostra eccessiva dipendenza dai fornitori esteri. Oggi è ancora più grave perché - a differenza di mezzo secolo fa - c'è l'opportunità di ricorrere ad energie alternative. Ma l'Italia ha creduto poco nelle proprie risorse, a partire dal gas: siamo scesi nell'estrazione da 30 miliardi di metri cubi a 4 nel giro di pochi anni. Certo, non basta fare il conto dei metri cubi, dietro alle decisioni ci sono anche motivazioni tecniche, dal costo dell'estrazione alla capacità dei giacimenti, ma l'inerzia politica in materia energetica ha attraversato imperturbabile prima e seconda repubblica.
Bene, ora che abbiamo sentito la sacrosanta ramanzina di Mario Draghi e che Giorgetti e Cingolani stanno cercando di mettere mano alla questione, sarà bene ricordare che dietro l'angolo abbiamo un'altra sfida, tutta nuova e tutt'altro che secondaria, da vincere in campo energetico. Quella delle gigafactory. Intanto impariamo a conoscere il neologismo che più o meno un decennio fa l'innovazione di Elon Musk introdusse nelle nostre vite: una Gigafactory, in soldoni, è uno stabilimento che produce batterie per svariati miliardi di watt (GW sta per miliardo di watt, l'unità di misura della potenza). Se in principio la Gigafactory era lo stabilimento nel Nevada di Tesla che si occupava sia di motori che di accumulatori, oggi la Gigafactory è il luogo dove si costruiscono solo le batterie agli ioni di litio per l'auto del futuro prossimo, quella elettrica.
È evidente che il ruolo delle Gigafactory sarà sempre più strategico e chi saprà assicurarsi la presenza di questi stabilimenti sul proprio territorio sarà innovativo, competitivo sulle forniture, accorcerà le filiere, creerà quei posti di lavoro che andranno fatalmente a modificare la filiera dell'automotive come l'abbiamo conosciuta in sostanza dall'avvento del Fordismo ad oggi.
E' bene tenere però a mente che per essere davvero strategica, una Gigafcatory non deve limitarsi all'assemblaggio delle celle elettrochimiche - che di solito arrivano dalla Cina... - ma deve produrre l'intera batteria, controllando l'acquisto delle materie prime potendo in un secondo tempo continuare l'innovazione di prodotto. E, con un po' di lungimiranza, dovrà anche essere in grado di gestire la fase successiva, quella del recupero dei materiali delle batterie in fase di smaltimento (processo molto costoso e non ancora avviato su larga scala).
Ecco, l'Italia come è messa? A dire il vero qualche segnale positivo all'orizzonte c'è. La Gigafactory del Gruppo Stellantis (dove è confluita Fca) ha appena ricevuto il via libera: sorgerà a Termoli, in Molise, coinvolgendo TotalEnergies e Daimler (soci con Stellantis in ACC, che gestirà la factory). Il Ministero dello Sviluppo Economico da tempo è coinvolto direttamente così come nei giorni scorsi la struttura che fa capo a Giorgetti ha concesso le agevolazioni necessarie a far decollare a Teverola (Caserta) un'altra Gigafactory affidata a Seri Industrial: sarà completata entro la fine del 2023 e avrà una capacità produttiva di 7-8 GWh l'anno. Non solo, Markus Duesmann, ceo di Audi, ha ventilato l'ipotesi per il marchio dei quattro anelli di avere una gigafactory in Italia (dove Audi detiene due eccellenze nostrane, Lamborghini e Ducati): è un'occasione da non perdere. Anche perché Musk la sua Gigafactrory in Europa l'ha appena aperta. E ha scelto il Brandeburgo.
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