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«Una mia idea di cucina gastrofluviale»

Massimo Spigaroli, il libro dei libri dello chef «paisan»

La terra, la famiglia, i primi passi, il successoe gli amici: un volume pieno di storie (e ricette)

Massimo Spigaroli Il libro dei libri dello chef «paisan»

di Roberto Longoni

19 Ottobre 2022, 16:23

Le tagliatelle erano le montagne, i tortelli i carri armati: pieni e ben stagni, per reggere l'urto degli anolini, fanti appiedati in grado di scatenare attacchi anfibi. Le truppe scelte della sua Bassa, Massimo Spigaroli imparò a conoscerle fin da piccolo. «All'età dell'asilo mi sedevano accanto al tagliere. “Metti in riga i soldatini” mi dicevano». Poi, avrebbe scoperto l'arma suprema, il culatello. Arma di attrazione d'élite, inventata da almeno cinque secoli, senza che nessuno sapesse davvero maneggiarla. Serviva un giovane chef-agricoltore-norcino (e futuro sindaco) visionario e capace nel marketing, per farne un uso strategico e costruttivo, per un territorio che all'ingresso riportava la scritta «zona depressa». Quanti November Porc sono trascorsi da allora, quanti danarosi americani e giapponesi sono venuti a Polesine-Zibello a respirare i profumi che fanno del re dei salumi (e salume da re: Carlo docet) un imperatore? Sperando che ci sia la nebbia, ma pronti ad accontentarsi di struggenti tramonti.

Gastrofluviale. Spigaroli è così legato alla tradizione da fondare un neologismo che la esalti, arricchita dalle necessarie commistioni. «Una mia idea di cucina gastrofluviale» si legge sulla copertina del libro scritto con Luigi Franchi, con prefazione di Alain Ducasse, ma il titolo è «Massimo Spigaroli», già solo per le dimensioni dei caratteri. Qui il signore dell'Antica corte pallavicina e presidente del Consorzio del culatello racconta sé e il proprio mondo. È il suo libro dei libri, come scrive nell'introduzione-ringraziamento a mamma Enrica e papà Piren: «per tutto quello che avete fatto e per tutto quello che mi avete insegnato».

La presentazione è doppia. Del volume e della sede nella quale se ne parla, in San Paolo. «Diventerà - annuncia il sindaco Michele Guerra - un grande spazio innovativo sui temi dell'alimentare. Un buon auspicio presentare qui un libro innanzitutto splendido». Scorrono sullo sfondo le immagini delle sue pagine: dalle mura restaurate della rocca dei Pallavicino alla squadra di famiglia, agli orti, ai vigneti, ai campi. Franchi ha definito Spigaroli «cuoco “paisan”», e lui stesso si sente «uno chef innamorato dell'agricoltura». Con le scarpe macchiate di fango nutrimento per l'intelligenza. Del resto, «coltivare» e «cultura» hanno la stessa radice, sottolinea Guerra. Ne tennero conto a Roma, designando Parma capitale della cultura (con Spigaroli nel comitato promotore) 2020.

Cultura enogastronomica madre di flussi turistici ricorda Cristiano Casa. «Nel nostro territorio la motivazione di viaggio è prima di tutto il cibo - esordisce il presidente di Visit Emilia -. Un culatello, un prosciutto, una forma di Parmigiano sono monumenti da valorizzare. E lui, Massimo, è l'artista». L'affabulatore in grado di convincere senza parole. «Il riconoscimento nel 2015 di città creativa della gastronomia Unesco? - prosegue Casa -. Lo conquistammo prendendoli per la gola, con la cena cucinata a Parigi. Ricordo gli sguardi, mentre Massimo preparava il culatello».

È sempre lì che si torna, al salume supremo: più che da pagine patinate il volume sembra composto da sue preziosissime fette, dalle quali in controluce emergono la storia di famiglia e le visite di Robert De Niro, George Clooney e Gerard Depardieu, tra gli altri. L'ex assessore regionale all'Agricoltura Guido Tampieri lo definisce «un libro da mangiare». E non tanto (o non solo) perché sia ricco di nuove ricette. Spigaroli ai suoi occhi è «la reincarnazione di Bertoldo: scarpe grosse e cervello fino». Ricorda, l'ex assessore, Tony Blair con Romano Prodi al Diana di Bologna. L'allora premier inglese ordinò culatello. «Gli portarono della mortadella. Massimo lo seppe e inviò due culatelli a Downing Street».

Eclettico Spigaroli. Inventore del consorzio del Culatello. Emotivo. «Nelle registrazioni delle mie interviste - racconta Franchi - spesso lo si sente piangere». Capace di trasmettere ai compaesani l'amore per il territorio. «Infatti ha raccolto l'87 per cento dei voti». Capace di contagiare tutti con la passione per la gastronomia. «Ricordo i racconti delle sue avventure culinarie in giro per il mondo - conferma la nipote Benedetta -. Per questo nel mio piccolo ho deciso di dare il mio contributo all'Antica corte».

Perseverante Spigaroli. «Mia mamma Enrica - spiega lui - mi diceva che davanti a un ostacolo ci si ferma solo per trovare il modo di superarlo». La sera iniziale della lunga campagna per il disciplinare del culatello alle 21 la sala era deserta. «Ma alle 21,30 c'erano 40 persone». Ognuna con un'idea diversa. Ci volle tempo, ma alla fine il disciplinare passò, dopo un'arringa di Spigaroli di fronte alla commissione formata da 18 associazioni del territorio. Fu appassionato al punto da commuoversi ancora oggi. La stessa emozione che lo prende a parlare della sua terra sposata al Po e alla nebbia. Non più zona depressa. «Ora sembra baciata dalla fortuna, con tantissimi visitatori stranieri da tutto il mondo». Ricorda il bisnonno norcino personale di Giuseppe Verdi, Spigaroli, il traghetto, il Cavallino bianco. Signore, con la sua famiglia, della rocca che gli antenati devono sempre aver guardato con soggezione. Sindaco vulcanico che vuole ridare un senso di appartenenza al territorio alle giovani generazioni. «Il progetto sui piccoli borghi è arrivato tra i primi dieci in Italia su migliaia. Quando c'è il cuore e ci credi, le cose le fai». La ricetta è semplice, difficile è trovare gli ingredienti.

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