Il contest della Gazzetta
Ci siamo. Le festività natalizie entrano nel vivo. La parte «profana» di questo periodo si consuma soprattutto a tavola. Tra amicizia, condivisione e serenità. Un menu unico, che ha sempre e comunque un piatto di riferimento, ovvero gli «anolini». E stavolta parliamo di anolini di città, secondo l'usanza di Parma. Ovvero con la carne. Che sia il sugo «concentrato» dello stracotto, che sia direttamente la carne nella farcia: certo, ora si apre un dibattito, anzi una polemica. Così si fa, no meglio nell'altro modo. A ciascuno la sua... ricetta. Diversa per ogni famiglia, ad ogni pianerottolo, strada o quartiere. Questa è la vera bellezza degli anolini. La diversità con una sola nota comune (fondamentale): la bontà. Che siano buoni, dal morso costante, senza sapori strani ma soltanto i profumi e il gusto della nostra terra, dal pane al Parmigiano per arrivare alla carne, il tutto in un contenitore perfetto, quella pasta tirata possibilmente a mano, dallo spessore costante, con le chiusure perfette. Senza dimenticare il brodo: chi lo preferisce «di terza», chi più leggero e meno invadente. Poco importa, anche qui a ciascuno il suo... brodo. Poi il Parmigiano, grattugiato a mano, meglio se direttamente nel piatto appena preparato. Quale quantità? Una piccola sventagliata o un bel velo abbondante? Anolini, quanto è difficile giudicarli. L'importante è che siano anolini veri e buoni. Stavolta di città.

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