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Oca Morta, quei 70 mitici soci inossidabili

Oca Morta, quei 70 mitici soci inossidabili

di Antonio Bertoncini

10 Maggio 2022, 03:01

L’Oca Morta è ancora viva. Anzi, sono campioni di resistenza umana i 70 artigiani, quasi tutti pensionati, che continuano a frequentare il circolo di via Costituente. D’altra parte i miti non muoiono mai: con un certificato di nascita targato 1878 (proprio così, non è un errore di stampa), non c’è gara per nessuno, anche se è inevitabile che le rughe del tempo abbiano lasciato segni profondi sul volto pulito e orgoglioso della vecchia signora dei circoli ricreativi di Parma.

All’ingresso del circolo c’è la scritta ufficiale, «Circolo ARCI Amici Artigiani», ma se si chiede cos’è e dove sta, a Parma non lo sa quasi nessuno. Tutti i parmigiani del sasso un po’ su con gli anni, invece, sanno benissimo cos’è l’Oca Morta, uno “stranome” di cui i frequentatori vanno fieri, anche se ci tengono a precisare che “chi a funsiònna tut” e che il nome non deve trarre in inganno.

Forse non la pensava esattamente così la parmigiana doc, immortalata nella bellissima poesia in vernacolo scritta da Riccardo Bertozzi nel settancinquesimo anniversario del circolo, che spiegava a modo suo l’origine dell’azzeccatissimo nomignolo: «Al “Circol Amici Artigiani” – racconta Bertozzi, riferendosi all’inizio del secolo scorso – “l’éra in-t al piasäl Insani, a’l donni gh’era vietè l’enträda in societè. E vun’na, c’ha vräva andär dentro par forsa, i l’an ciapäda e missa in sträda äd corsa. Apen’na fòra la s’è missa a sbrajär “Al so che còl donni a n’gh’avì pu gnènta da fär! Oramäj l’é bel’e sgnè la vostra sorta, coll l’è ‘l Circol ad l’oca morta!». Così la saggia popolana ha scritto un pezzetto di storia della Parma più autentica, quella dei borghi dell’Oltretorrente.

Quelli che racconta Bertozzi all’inizio degli anni Cinquanta erano i tempi di Ennio al President, al commendator Zarott, Pepo al segretari, Beli al coconè (il contabile), Tacia al cap gabinett, Mario al fornér, Milio ‘l boer, Doneli ministor del Posti, che «i zugon sempr ‘in compagnia e po’ in fonda i’s’ dan dl’arlja». E ci sono anche Rubinet al fontaner, Careta al becamort, Pistoltacio al barbér e Giované al brigader. Oggi tira un’altra aria. Al circolo, un grande monolocale di proprietà dove campeggia una bella oca morta intagliata nel legno, ci troviamo Giorgio Ghirarduzzi, imbianchino campanaro, terrore di tutti i sindaci, figlio d’arte del più celebre Zeffirino , anima di Radio Popolare, ci troviamo Babbuccia, alias Cristian Zanotti, barbuto di mezza età, così ribattezzato perché giocava a calcio in mezzo alla neve indossando le rivoluzionarie espadrillas (uniche scarpe che allora si poteva permettere), spesso viene anche il presidente onorario Giorgio Volta, volontario tutto d’un pezzo, che all’Oca Morta ha lasciato dei gran bei ricordi di un passato che non ritorna.

Briscola, conchino, burraco sono gli ingredienti di qualche ora di felicità, insieme alla “pioppa” (chissà perché la malvasia viene chiamata così, ma qui non c’è da stupirsi di nulla) e al lambrusco religiosamente bevuto nella scodella per le grandi occasioni. Ma, in omaggio ai tempi che cambiano, non si scherza neppure con il Campari.

A dispetto del nome, a fare da regista, in questa sala “all in one”, c’è una signora: Annarita Cappello, presidente operaia che gestisce conti, bar, scartoffie, e si fa rispettare come la popolana che qui non riuscì ad entrare un secolo fa. Non è una parmigiana del sasso, è pugliese di origine, ma vive qui da 43 anni, quasi tutti trascorsi dietro il banco fra un circolo e l’altro: «Vivendo nei circoli ho imparato il dialetto, sono qui fra gli Amici Artigiani dal 1999, e tre anni fa mi hanno nominato presidente per crisi di vocazioni. Settanta soci non sono tanti, ma sono molto affezionati, e spesso per chiudere li devo spingere fuori in via Costituente, perché stanno troppo bene in compagnia, ma io non posso fare notte qui dentro, dove un tempo non molto lontano veniva Pavlén, che raccontava barzellette fra una ciotola di lambrusco e l’altra. Fino a qualche anno fa avevamo Carlo Grassi, il “vocabolario umano”, che sapeva tutto di Parma e della sua storia. Per risparmiare si faceva portare la botte nel cortile, con il tubo si faceva arrivare il vino in cantina nelle vasche, ma non c’era il tempo di imbottigliarlo: bastavano le caraffe per non farlo svaporare. Il Circolo faceva anche tanta beneficenza, ma oggi si fa fatica a tirare avanti – conclude Annarita Cappello, accarezzando Luna, splendida mite femmina di carlino, mascotte del circolo – non ci sono mezzi per fare né sport né cultura, ma c’è ancora spazio per tanta amicizia».

Chissà, forse anche l’Oca Morta tornerà di moda, e nel 2028 potrà spegnere in festa le sue 150 candeline.

Antonio Bertoncini

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