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IL PERSONAGGIO

L'ex ciclista professionista Gualazzini: «Una buca e sono finito per terra con tante ossa rotte»

L'ex ciclista professionista Gualazzini: «Una buca e sono finito per terra con tante ossa rotte»

di Alberto Dallatana

04 Novembre 2022, 03:01

San Secondo - Frattura composta della clavicola sinistra e di due costole, più una doppia microfrattura al bacino.

È quanto ha riportato l’ex professionista di ciclismo Ercole Gualazzini, oggi settantottenne e assiduo cicloamatore, in seguito ad una caduta occorsagli proprio mentre era in sella alla sua bici da corsa. Stava rientrando a casa (a San Secondo) dopo un giro con gli amici di quasi cento chilometri. Si erano già salutati qualche chilometro prima e in quel momento era solo, a Castell’Aicardi, quando è finito rovinosamente a terra. A causare la caduta è stata una buca sull’asfalto, come racconta lui stesso: «Inavvertitamente sono entrato con la ruota anteriore in questa piccola buca che non avevo visto, la ruota così ha sterzato di colpo e sono finito sulla banchina, ho provato subito a risalire sulla careggiata, quasi d’istinto, ma il dislivello dell’asfalto mi ha fatto cadere e mi sono ritrovato a terra. È accaduto tutto in pochi istanti».

Ercole ha anche battuto il capo, tanto da rompere il caschetto, che in quel modo ha attutito l’impatto («non esco mai senza indossarlo – spiega -, e per fortuna. Danni alla testa non ne ho riportati»). Poi si è rialzato e ha addirittura percorso in sella alla bici i due chilometri che lo dividevano da casa, «ma una volta arrivato avevo dolori dappertutto. Così ho detto a mia moglie di chiamare un’ambulanza, mi sono venuti a prendere e mi hanno portato a Vaio, dove ho fatto tutti gli accertamenti del caso. Si è valutato di non operarmi e ora sono a casa, su un letto speciale che ci siamo procurati per l’evenienza. Dovrò starci per un paio di mesi».

Una botta al fisico e al morale di colui che, negli anni Settanta, fu in grado di vincere tappe al Giro d’Italia, al Tour de France e alla Vuelta di Spagna, gregario di lusso di fuoriclasse dell’epoca, da Gimondi a Saronni, passando per De Vlaeminck. «Io sono uno che non riesce a stare fermo – commenta -, basti pensare che ancora oggi esco in bici tre volte la settimana, per giri di almeno una sessantina di chilometri». Dieci anni fa era stato investito da un’auto e si era fratturato il bacino, «ma stavolta, e per una caduta più banale, mi è anche andata peggio, perché avendo fratture in diverse parti del corpo ho dolori ovunque e sono ancor più bloccato. Pensare a quante volte sono caduto, da atleta. Ma a venti o trent’anni è tutto diverso…». Non riesce a celare l’amarezza, Gualazzini. Così come non riuscì (e non volle) nascondere l’emozione quando, un mese e mezzo fa, a San Secondo fu presentato, a sua insaputa, il libro sulla sua carriera, intitolato «Ercole Gualazzini, il gigante della Bassa», scritto da Alessandro Freschi, Carlo Alberto Cova e Giancleto Vigetti. Tre amici che dopo aver saputo di questo incidente non gli hanno fatto mancare il loro affetto, così come (ovviamente) i famigliari e fra questi il nipote Alberto Cerri, che giusto sabato era sceso in campo al Tardini, con il suo Como, contro il Parma. Senza segnare, ma mostrando quella grinta che è nel dna del nonno. E che a Ercole tornerà utile per superare anche questo brutto momento.

Alberto Dallatana

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