TRIBUNALE
Ha scoperto il suo vero nome (di battesimo) quattro anni dopo averlo conosciuto. Ma d'altra parte la maschera l'aveva gettata quasi subito: un uomo appassionato e pieno di attenzioni per Laura (la chiameremo così), eppure fin dall'inizio così insistente nel voler sapere cosa facesse e - soprattutto - chi vedesse quando era lontana da lui. Tra mille dubbi e incomprensioni la relazione era andata avanti per tre anni. L'addio di Laura, però, nell'estate del 2020, aveva scatenato tutta la sua frustrazione: fiumi di messaggi e telefonate, pedinamenti. Fino all'aggressione, nel luglio dello scorso anno, quando era intervenuta una pattuglia della polizia. E l'altro giorno l'uomo - 55 anni, origini lucane, ma da tempo residente a Parma - ha patteggiato 8 mesi. Il giudice gli ha concesso la sospensione della pena a patto che entro un mese dal passaggio in giudicato della sentenza cominci a frequentare un corso per il trattamento degli uomini violenti.
Eppure, quell'incontro, nel 2017, avrebbe potuto essere l'inizio di una nuova fase della vita per Laura dopo la fine del suo matrimonio. Si era sposata quando era poco più che una ragazzina, ma dopo essersi separata aveva ritrovato l'entusiasmo e il desiderio di tornare a fare progetti. E lui era stato capace di sorprenderla, di farla sentire importante.
Un bel periodo, in cui si era sentita appagata. Eppure, fin da subito, c'era qualcosa di stonato nella relazione. Preoccupante, per certi aspetti. Erano le sue telefonate e le domande insistenti quando lei non gli era accanto a inquietarla.
Così, lei aveva cominciato a distaccarsi. Non avevano mai condiviso la quotidianità di una casa, ma per Laura stava cominciando a spezzarsi anche il legame sentimentale. Più volte aveva tentato di fargli capire che quel suo atteggiamento ossessivo stava diventando intollerabile, aveva provato anche a dirgli addio, ma poi si era fatta convincere a tornare con lui.
Nell'agosto del 2020, però, quando aveva deciso di chiudere definitivamente, lui era diventato sempre più pressante. Un'ombra nella sua vita: alle sue spalle quando passeggiava con le amiche o davanti al luogo di lavoro. «Mi afferrava per le braccia per bloccarmi oppure mi abbracciava, anche se io non gradivo affatto», ha sottolineato Laura nella querela. L'aveva filmato con il telefonino quando l'aveva rinchiusa nella sua auto per non farla risalire in casa. Aveva ripreso anche l'aggressione, prima di chiamare la polizia.
G.Az.
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