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Intervista

La crociata di Vittorio Sgarbi «contro i registi infedeli»

La crociata di Vittorio Sgarbi «contro i registi infedeli»

di Vittorio Testa

14 Marzo 2023, 03:01

Vittorio Sgarbi si ricorda di un’intervista che noi della «Gazzetta di Parma» avevamo fatto a Mario Lanfranchi, parmigianissimo melomane, collezionista di meravigliose opere d’arte e precursore ed esploratore, insomma il Vittorio Bottego dell’opera in televisione. «Il mio migliore amico sosteneva che sarebbe meglio eseguire le opere in forma di concerto piuttosto che dover assistere a spettacoli di lavori e capolavori straziati in maniera offensiva. Secondo me siamo davanti a un vero e proprio reato di falsificazione, di appropriazione indebita».

Il sottosegretario ai Beni cuturali, Vittorio Sgarbi sta armando una crociata parlamentare in grande stile. Obiettivo: cacciare via dall’Opera i registi infedeli, o quanto meno negargli la possibilità di compiere attraverso regie «eversive» irrispettose degli autori, autentici crimini operistici e artistici. «È una battaglia sacrosanta condotta ovviamente in primis dal Ministero ai Beni culturali e da tutti gli operatori nel campo dell’Opera e della musica», dice Sgarbi che soggiunge: «È una vera e propria tragedia, che dura da troppo tempo. Non si possono più lasciare senza tutela gli autori e i compositori ora alla mercè di autentici stravolgitori dei loro lavori, spesso capolavori, messi a soqquadro o amputati da registi scriteriati e malfattori. Il diritto a veder tutelata la propria opera è un diritto universale di persone e proprietà loro anche postumo: ché scomparso l’autore la sua produzione non diventa ‘res nullius’, ma resta intoccabile patrimonio della collettività. Sarà una battaglia sacrosanta. Ma sarà molto difficile vincerla», sospira Sgarbi.

Già sarà dura. C’è già chi grida preventivamente allo scandalo: ipotizzano, caricaturando il futuro, interventi censori anticostituzionali, lesivi del diritto supremo alla libertà di espressione. E si sentono le prime avvisaglie che parlano di censura neopostexpost fascista. Sì, decisamente sarà un bel problema. Ma d’altra parte che fare? Come si può continuare a subire autentiche violenze registiche? C’è chi ha cambiato addirittura il testo del librettista o che ha ambientato l’opera in contesti del tutto arbitrari: Annine che rendono piacevole l’attesa del dottore in visita alla Traviata, con numeri di pornografia. Certi Pinkerton che evitano la dura salita fin sulla collina di Nagasaki arrivando alla guida di una comoda Cadillac, dal cui tubo di scappamento si leva «un fil di fumo». Abbiamo visto Alfredi sbucciarsi il dito mentre affettavano gli zucchini per il minestrone; Lucie di Lammermoor suicide in mare; Nannette capitane di squadre di pallavolo; streghe del Macbeth diventate manager e Macbetti al volante di una macchina e cantare il duetto con Banco seduto al suo fianco.

E Carmen che uccide a revolverate Don José? Vogliamo parlarne? Come può usare la propria intelligenza in modo così irritante un regista che sceglie di stravolgere un’opera capolavoro, e poi blaterare di «scelta artistica e morale contro il femminicidio» da parte di Carmen vindice esultante mentre Don José canta «arrestatemi! Ho ucciso la mia adorata Carmen» che invece l‘ha appena fulminato!

«Ho lavorato con registi», dice Sebastiano Rolli, fior di direttore d’orchestra, «che sostenevano tesi pazzesche, tipo: qui Verdi ha badato soltanto alla musica e quindi il pezzo, dal punto di vista drammaturgico, è sbagliato!». «Incredibile», commenta: «Forse nell’attesa di una legge vera e propria si potrebbe cominciare a definire in maniera più appropriata l'operazione che altera l’opera. Per esempio annunciare sul cartellone un «Da “Traviata” di Giuseppe Verdi, rivisitazione libera di Pinco Pallino» dice Rolli, giovane direttore parmigiano, sul quale piovono elogi entusiastici dei grandi teatri, le prime parti d’orchestra della Fenice e del Maggio musicale Fiorentino non hanno dubbi: «Noi abbiamo suonato molto bene Verdi con due direttori: Muti, il mito e Rolli che ha numeri eccezionali». Rolli, Muti: batte emozionato il nostro cuore di verdiani estremi.

Dunque abbiamo tirato in ballo il grande Roncolese: un argomento che non ci fa fare bella figura, anzi: sono pessime le condizioni nelle quali si trovano per esempio la Chiesa delle Roncole e il Santuario di Madonna dei prati, chiusi da due anni per pericolo di crolli. «È inammissibile» protesta Sgarbi, «Ricordo lo sdegno di Riccardo Muti, che intervistato da voi della “Gazzetta di Parma”, provocò l’intervento dell’allora ministro Franceschini». Muti, ecco che ci risiamo, caro “viceministro” Sgarbi: lei si è battuto come un leone... «Sì, perché il Maestro dei Maestri diventasse un punto di riferimento, un ‘dominus’ di tutto il settore dell’opera e della musica classica. È una cosa da pazzi, abbiamo il più grande direttore verdiano in attività in tutto il mondo: uno dei pochi personaggi pubblici che si dichiari orgoglioso di essere italiano, di voler fare qualcosa per questo Paese e invece...». Le chiedo un’ultima cosa, Sgarbi: perché sì Abbado senatore a vita e Muti no? «Detto che Abbado è stato un grande direttore, è evidente che, dal punto di vista di valori dell’Italianità, Muti non teme confronti con nessuno. Da anni si dedica a un magistero verdiano che non ha paragoni al mondo. È uno dei pochi grandi artisti che si dichiari orgoglioso di essere italiano. Per vent’anni è stato al vertice della Scala, il Teatro d’opera più famoso al mondo: l’ha portata a livelli mai più raggiunti. Adora il suo Paese, è pronto a mettergli a disposizione tutta l’esperienza e il sapere raggiunto nella sua formidabile carriera e invece…».

Sgarbi è partito in decollo verticale, chi lo ferma più? Che cosa si può fare? Gli chiedo. E lui: «Per prima cosa io per quel poco che valgo riproporrò all’attenzione del Parlamento e della Presidenza della Repubblica l’esigenza di valorizzare questo fior di Italiano con la “I” maiuscola: e so di trovare in voi della “Gazzetta” un alleato forte». Dunque Parma ribatterà il suo colpo, d’accordo. E anche Piacenza, altra terra verdiana, darà il suo contributo, dico al sottosegretario, che adesso deve lasciare il collegamento telefonico. «Piacenza? Ma certo, Cristina Ferrari, la Sovrintendente, è stata bravissima a mettere insieme il binomio magico ‘Verdi-Muti’. Già: non appena il ministro Sangiuliano ha aperto la corsa a organizzare concerti per la Villa Verdi di Sant’Agata – che come si sa andrà all’asta - il Sovrintendente del Teatro Comunale, Cristina Ferrari, parmigiana ma nativa di Casalmaggiore ha cercato al telefono il Maestro Riccardo Muti e in due minuti hanno concordato un concerto a Piacenza: città che si autoproclama verdiana più d’ogni altra e che sfida Parma, accusata di aver compiuto un furto con destrezza, appropriandosi del titolo di Capitale Verdiana. Una ‘querelle’ provincialotta di non altissimo profilo che strattona Verdi al di qua e aldi là dell’Ongina, il fiumiciattolo fangoso che segna il confine tra le due Provincie. Certo Piacenza, città concreta e maestra del fare anziché del proclamare, ha il merito indubbio di aver aperto le porte, insieme a Ravenna, al Maestro Muti, a lui e alla sua Orchestra giovanile Cherubini, all’indomani della turbolenta uscita dalla Scala. «Bravi tutti» conclude Vittorio Sgarbi: «chapeau» a Piacenza e a Muti. Fiori alla velocissima Cristina …Ferrari: d’altra parte, «nomina sunt consequentia rerum!».

Vittorio Testa

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