Gazza Ladra
Se penso alla Romagna, penso alla piadina… Non mi vergogno né m’imbarazzo per avere fantasie così «alimentari». La piadina è un mondo nel quale sono contenuti altri mondi, una specie di matrioska russa, madre di tutte le Russie e delle tante russe che hanno pian piano occupato la riviera romagnola e che il destino mi fece incontrare su Viale Ceccarini, Riccione: Galina, così il suo nome sul quale, l’avrei capito dopo, scherzava continuamente «Tu volere piadina galina?» «Squa-squa-sqaquerone?» imitando il ballo allora di moda, quello del «Qua Qua» con le braccia a “gallina” che la Romina ha reso un classico… Non mi devo distrarre, quindi torniamo alla piadina, anzi alle piadine, perché sono tante e tutte diverse: la riminese, la alta, il crescione, la spessa, in una terra, la Romagna, tra Bologna da cui comincia, che attraversa Forlì-Cesena e si bagna nell’Adriatico tra la Ravenna dei mosaici e la puntina a sud di Gabicce. E’ un mondo a parte, un popolo che t’attacca la tigna, quell’infezione che ti contagia e per la quale non c’è vaccino e anche se ci fosse, non useremmo… La gioia democratica della RR (curioso, RR è un acronimo che vale per Riviera Romagnola ma anche per Rimini Riccione) non ha competitor: la pensione di Torre Pedrera della prima vacanza in solitaria da adolescente, di sera, nell’antistante spianata, che si trasformava in «Drink Danzante» (come fai a scordarti di una definizione così “creativa”?): due luci tirate su alla buona, il complessino che solo sui nomi c’era o da scappar via o da restare “impietriti” per sentire come e cosa avrebbero mai suonato «Sonia e le altre» o «I Bacelli di Romagna» e se il bere era spuma di vari colori e dal sapore senza un perché, la soddisfazione di sentirsi liberi, in vacanza anche con la testa, era a portata di mano, e si ringraziava la felicità che t’invadeva con così poco... Per muoversi, meglio un risciò, che va bene per le famiglie ma anche per i “disorientati”, quelli che non hanno una meta, essendo già meta il viaggio… E poi, qui la “differenza” (si può solo “ipotizzare”…) è quella relativa al… Sesso! Se Rimini ha una più spiccata propensione ai nuclei tradizionali (beninteso, l’accoglienza e l’inclusione sono parte d’obbligo ovunque), Riccione è la perla (lo era, non so se lo sia ancora) del proibito, dove tutto è possibile, dove tutto o quasi può accadere. Quel Viale Ceccarini già citato era aperto 24 h su 24, tra una pizzeria e il «Bombo» (bomboloni sparati fuori per tutte le anime affamate tra la notte e il giorno che arriva), discoteche che aprivano il mattino presto quando le altre chiudevano (a lato del Grand Hotel Des Bains, alle 9.00, s’accendeva il «Diabolika», frequentato da zombie che ancora avevano voglia di agitarsi prima di cadere a brandelli sulle sdraio del contiguo bagno a mare), quel regno dell’eccesso, ma anche dell’innovazione. Prima che tutto divenisse “normale” e prima che il Cocoricò diventasse tale per poi morire insieme a un’epoca anfetaminica, c’era il «99», club dove per ben tre anni di fila mi trovai a presentare per ben tre mesi (il 3 per tre fa sempre 9…) con una scaletta che proponeva 99 numeri di “trasformismo”, sera per sera, mese per mese. Ci sta che, allora, ci fossero gli scandali inclusi nel pacchetto, anche le “retate”, ma non c’era la minima traccia di violenza o vessazione, tutto finiva con un «la prossima volta…» e morale bonaria di prammatica. Quando sento «Spiagge» di Renato Zero, non so perché, penso al “Pedalò”, e lo traduco in verbo, al passato remoto: «…quanto pedalò allora, per arrivare ad oggi, dove sembra ci si possa permettere tanto, purtroppo non una seconda giovinezza».
Mauro Coruzzi
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Chirurgia mini-invasiva
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