IL GIALLO
I jeans laceri. La maglietta sdrucita. A coprire un corpo consumato dal tempo. Poco o nulla era rimasto di Alessandra Ollari. Un'ombra, appena era sgusciata dalla casa di via Marzabotto. Scomparsa il 29 giugno 2023, e poi il nulla, fino al ritrovamento del cadavere il 2 febbraio scorso nell'area verde tra via Sidoli e via Zoni. L'autopsia, depositata a metà maggio, non ha potuto stabilire come e quando è morta, ma la procura vuole continuare ad approfondire: nei giorni scorsi il procuratore Alfonso D'Avino ha nominato l'antropologa forense Giulia Caccia. Accertamenti tecnici irripetibili, a cui potranno partecipare anche consulenti di parte, per tentare di capire cosa sia accaduto ad Alessandra.
Un risultato tutt'altro che scontato, date le condizioni del cadavere, ma Giulia Caccia è uno dei nomi più apprezzati nell'ambito dell'antropologia forense. Assegnista dell'Università della Campania, fa parte del Labanof, il Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell'Università di Milano guidato da Cristina Cattaneo, chiamata a dipanare alcuni dei maggiori casi criminali italiani, oltre che su mandato di alcune procure europee.
Un corpo ridotto ormai a un povero scheletro, quello di Alessandra. E l'autopsia, affidata al medico legale Donatella Fedeli, aveva potuto escludere, dopo la tac, «azioni traumatiche interessanti l'apparato scheletrico».
Ma qui potrebbe entrare in campo l'analisi l'antropologica. Che, attraverso l'esame dettagliato delle strutture scheletriche, come sottolineato nel decreto di nomina del consulente, «può individuare la presenza di segni di lesività e fornire elementi utili al medico legale per comprendere meglio la causa della morte, le modalità e i mezzi che l'hanno causata». Ma l'antropologo svolge anche analisi quantitative in base allo stato di conservazione del cadavere e ai dati climatici del luogo in cui un corpo viene ritrovato, oltre che prendendo in considerazione i campioni prelevati durante l'autopsia e il sopralluogo: tutti elementi che potrebbero dare indicazioni sul periodo in cui è morta Alessandra. Restringendo il più possibile - si spera - l'ampia forbice temporale indicata dal medico legale, ossia tra i 6 e 12 mesi prima del rinvenimento.
Un corpo ritrovato a un paio di chilometri dalla casa di via Marzabotto, da dove era uscita il 29 giugno 2023 per andare a fare la spesa, aveva raccontato il compagno Ermete Piroli. Dopo un primo fascicolo aperto per allontanamento volontario, lo scorso ottobre la procura ha ipotizzato l'omicidio a carico di ignoti, reato per cui si continua a indagare.
Il cadavere di Alessandra fu ritrovato per caso da un passante che aveva assecondato il suo cane mentre puntava dritto verso l'area verde. Il volto rivolto a destra. Verso via Sidoli. Così come il bacino e le gambe. Un corpo seminascosto tra il fogliame e in posizione supina. Alessandra indossava una maglietta scura, lacerata in alcuni punti, e un paio di jeans. Era distesa a poco più di 18 metri dalla carreggiata e a pochi passi dal muro dei garage dei palazzoni lì accanto.
Le scarpe, un paio di vecchie Nike bianche di cui aveva parlato anche il compagno, erano appoggiate sul terreno a 9 metri e mezzo dal corpo, come viene evidenziato dal verbale di sopralluogo. Sul terreno sono stati anche trovati un guanto in lattice blu con carta stagnola, un pacchetto vuoto di sigarette e una bottiglia di plastica senza nulla all'interno: tutti reperti, a partire dagli indumenti e dalle scarpe, al vaglio del Ris.
Piuttosto improbabile che il corpo sia stato trasportato sotto quei palazzi dopo la morte. Ma perché quel luogo? Le cugine di Alessandra, Franca e Rossella Ollari, non hanno mai creduto all'allontanamento volontario. Ma sicuramente negli ultimi anni, soprattutto dopo la morte della madre, Alessandra si era chiusa in un bozzolo di solitudine. Anche il compagno ha sempre ribadito di voler capire cosa le fosse accaduto. Forse altre piste, medico-scientifiche e investigative, sono percorribili. Forse.
Scoprire cosa abbia fatto Alessandra quel 29 giugno sarebbe un tassello fondamentale: capire se si sia «rifugiata» sotto quelle piante subito dopo essere uscita di casa, oppure sia andata altrove e sia arrivata lì in un secondo tempo. Ma in quei mesi, quando era ancora una donna scomparsa, non era arrivata alcuna segnalazione.
Invisibile. Per quel mondo da cui ormai si teneva sempre più lontana.
Georgia Azzali
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