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MALTRATTAMENTI E VIOLENZA SESSUALE

«Sei mia moglie, devi stare con me». E la violenta più volte: condannato a 5 anni e 2 mesi

«Sei mia moglie, devi stare con me». E la violenta più volte: condannato a 5 anni e 2 mesi

di Georgia Azzali

10 Luglio 2025, 03:01

Quasi trent'anni di matrimonio. Ma in quell'ultimo tratto di strada insieme, dall'aprile del 2022 fino ai primi di ottobre del 2023, Maria (la chiameremo così) avrebbe voluto solo fuggire. Andarsene via con i due figli che ancora vivevano in famiglia, in particolare con il più piccolo, poco più che un ragazzino. Un anno e mezzo, quel capitolo finale, durante il quale Maria avrebbe subito la prepotenza del marito, il suo senso di possesso, i suoi abusi: accusato di maltrattamenti, violenza sessuale e lesioni, tutti aggravati, l'uomo - 56enne, albanese, ma da tempo residente a Parma - è stato condannato a 5 anni e 2 mesi dal collegio presieduto da Paola Artusi, che gli ha riconosciuto le attenuanti generiche. Il pm Ignazio Vallario aveva invece chiesto l'assoluzione, sulla base del secondo comma dell'articolo 530, previsto quando «la prova manca, è insufficiente o contraddittoria». Alla donna, che si era costituita, in attesa del risarcimento da stabilire in sede civile, è stata riconosciuta una provvisionale immediatamente esecutiva di 7.500 euro.

Varie le querele che Maria aveva presentato, alcune delle quali in una prima fase archiviate. Ma poi, quando il fascicolo era passato a un nuovo pm, il caso era andato avanti. Fino al processo. Con quell'accusa pesantissima di violenza sessuale: quasi tutti i giorni Maria avrebbe dovuto subire, nonostante avesse l'accortezza di chiudersi in camera. Ma con una seconda chiave lui sarebbe riuscito a entrare costringendola con la forza ad avere rapporti sessuali, perché «lei era ancora sua moglie ed era obbligata», così le diceva.

L'aspetto più umiliante di una lunga serie di maltrattamenti, almeno secondo quanto Maria ha denunciato. E ripetuto al processo. Sopraffazioni e minacce soprattutto dopo che a lui era stato recapitato il ricorso per la separazione giudiziale con la fissazione dell'udienza per il 31 maggio 2023. «Non arriverai viva al 31 maggio. Io non ho niente da perdere, tu sei mia fino alla morte», le avrebbe urlato più volte. E poi quegli insulti. Così pesanti. Così gratuiti. «Sei una p... a. Non vali nulla, fai schifo, non so come ho fatto a stare con te per trent'anni», le aveva sibilato più volte.

Conflitti quotidiani. E una tensione costante in quella casa, che soprattutto il figlio più piccolo avrebbe respirato. Schiaffi, capelli tirati con violenza («Così i carabinieri non vedono i lividi», le avrebbe detto), ma anche pugni e colpi alla testa, come quella volta che avrebbe usato un bastone appendiabiti e un lungo calzascarpe fino a farla cadere a terra.

Eppure, Maria non aveva abbassato la testa. Si era fatta avanti con la richiesta di separazione. Con le denunce. Tanto che poi per lui era scattato il divieto di avvicinamento. E il 7 settembre 2023, dopo aver trovato un nuovo appartamento, Maria se ne era andata insieme ai due figli. Ma lui aveva scoperto dove si erano trasferiti: con il furgone era passato più volte sotto casa, e un giorno lei se l'era ritrovato alle calcagna. Quattro giorni dopo essere rimasto solo, però, aveva fatto il «grande gesto»: «Me ne sono andato, tornate a casa», le aveva detto.

Strade separate. Vite separate. Ciò che Maria avrebbe voluto da tempo.

Georgia Azzali

© Riproduzione riservata

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