L'ex presidente
«Ho affrontato questo incarico con spirito di servizio, consapevole delle difficoltà ma anche della straordinaria opportunità di contribuire alla crescita di un’istituzione che rappresenta una parte fondamentale della vita culturale della nostra città. Ho cercato di interpretare il ruolo di presidente non come un semplice compito amministrativo, ma come una responsabilità civile e culturale, convinto che il Conservatorio debba essere sempre più un bene comune, aperto, inclusivo e proiettato verso il futuro». E' tempo di bilanci per Marco Ferretti, docente di Economia aziendale all'Università di Parma, da tre anni presidente del Conservatorio Arrigo Boito. Arrivato alla fine del mandato (resta in carica ancora in prorogatio fino alla nomina da parte del ministero del successore) racconta cosa è stato fatto e cosa spera si possa fare in futuro.
Partiamo dall’inizio: in che condizioni ha trovato il Conservatorio nel 2022?
«Al mio insediamento ho trovato un’istituzione di grande valore artistico ma con alcune fragilità organizzative: carenze di organico negli uffici chiave e una macchina amministrativa poco standardizzata. Il Covid non aveva certamente aiutato il mio predecessore. Sul patrimonio immobiliare pesavano criticità strutturali e di sicurezza che richiedevano una strategia complessiva, non interventi spot».
Varie sfide quindi. E quali le linee d'azione?
«Ho impostato il mandato su tre priorità: garantire la messa in sicurezza e la valorizzazione del patrimonio immobiliare e artistico; rafforzare il radicamento territoriale attraverso relazioni istituzionali e culturali solide e durature; promuovere l’immagine e il ruolo del Conservatorio a livello nazionale e internazionale, valorizzando studenti e docenti come protagonisti della vita culturale cittadina».
Qual è stata la prima azione messa in campo?
«Ricostituire la squadra amministrativa. Nel triennio abbiamo superato gli interim e stabilizzato le figure apicali, nominando a tempo indeterminato il direttore amministrativo e il direttore di Ragioneria. Questo passaggio ha dato continuità ai processi decisionali e ai conti, premessa indispensabile per tutto il resto».
Lascia conti in ordine. Può darci qualche numero?
«Il rendiconto 2024 si è chiuso con un avanzo di competenza di 591.454,96 euro, un avanzo complessivo di amministrazione pari a 3.317.858,48 euro e una cassa finale di 4.663.255,66 euro. La gestione resta prudente: i residui passivi - circa 1,57 milioni - sono legati in larga parte ai cantieri strutturali. L’obiettivo è ridurli progressivamente, senza frenare gli investimenti. La disciplina di bilancio si è tradotta in tempi di pagamento più certi, migliore programmazione dei fabbisogni e controllo dei costi ricorrenti».
Da dove arrivano le risorse per gli investimenti?
«Va ricordato come il precedente presidente Giuseppe Romanini avesse ottenuto un finanziamento ministeriale per 4,7 milioni di euro. Abbiamo intercettato finanziamenti nazionali con una programmazione rigorosa. Oltre ai decreti già in essere su alcuni progetti per oltre 6 milioni complessivi, nel 2024 abbiamo ottenuto altri 2,5 milioni per il cosiddetto Progetto C, destinati a riqualificazioni impiantistiche, sicurezza antincendio ed efficientamento energetico. È un risultato che mette in sicurezza il futuro del Conservatorio e la qualità degli spazi didattici».
Avete aperto cantieri complessi in un edificio storico: come li avete governati?
«Con una regia mista. Abbiamo confermato la Provincia di Parma come stazione appaltante e rafforzato il presidio interno con un incarico di supervisione tecnica, per assicurare monitoraggio, coordinamento e comunicazione tra tutti gli attori. Abbiamo riattivato le prove di evacuazione, aggiornato il piano di emergenza e formato il personale fino al livello di rischio alto. Non succedeva da anni. Abbiamo curato la comunicazione interna (docenti e studenti informati per tempo su eventuali disagi) e la mitigazione degli impatti in sessioni d’esame e concerti. Restaurare bene significa anche garantire continuità alla vita artistica».
Didattica: quali le novità di cui va più fiero?
«Nel 2024/25 le domande d’ammissione hanno superato quota 900 (+23% sull’anno precedente, +32% rispetto al 2022/23): il 67% dei candidati proviene dall’estero, da 25 Paesi su quattro continenti. Nel 2025/26 le domande registrate sono 865, dato da interpretare con cautela perché non include Master e Formazione iniziale. Abbiamo strutturato l’accoglienza con calendari chiari, servizi amministrativi più rapidi e supporto alle carriere degli studenti internazionali. Erasmus+ ha sostenuto scambi strutturati, workshop internazionali e Blended Intensive Programmes. Tra le novità l’ingresso stabile nei dottorati di ricerca: un passaggio storico».
Sul fronte della produzione artistica quali progetti hanno segnato il triennio?
«L’Auditorium del Carmine ha ospitato una programmazione intensa: "I Concerti del Boito", "Il Suono Svelato", "Parole da Ascoltare" e iniziative per le scuole come "Ascoltando si impara". Abbiamo organizzato la sezione Organo del Premio nazionale delle Arti 2024, e nel 2023 il Pna di percussioni. Siamo stati partner e protagonisti a Verdi Off con concerti, cucù verdiani e laboratori. Sul jazz, ParmaJazz Frontiere e l’European Jazz Workshop hanno portato studenti e docenti da Norvegia, Austria, Germania e Italia, con esibizioni al Teatro Farnese».
E poi la Festa della Musica.
Certo, che ci ha permesso di creare una rete con festival e istituzioni cittadine che ha reso il Conservatorio un attore culturale percepito, non solo un luogo di formazione».
Relazioni con le istituzioni culturali: cosa cambia per gli studenti?
«Abbiamo consolidato i rapporti con Teatro Regio e Fondazione Toscanini, creando percorsi di tirocinio e inserimento professionale; siamo tra gli stakeholder della Toscanini Academy. Con L’Orchestra giovanile della Via Emilia abbiamo prodotto esperienze orchestrali condivise con gli altri Conservatori della via Emilia. Sono canali che trasformano lo studio in lavoro, avvicinando gli studenti ai palcoscenici. Tutta la nostra attività è stata improntata all’offrire un servizio agli studenti. La possibilità per loro di passare dal "palco-laboratorio" a prime scritture e collaborazioni professionali, il dialogo costante con le maestranze di teatro e orchestre, trasferisce competenze reali».
C’è un «dietro le quinte» meno noto ma decisivo che vuole citare?
«Sì: l’inventario dei beni mobili e storici. Su richiesta del Mef abbiamo avviato una ricognizione accurata, aggiornato l’inventario e presentato denunce formali per beni non più in disponibilità. Alcuni oggetti sono rientrati. È tutela del patrimonio, legalità e identità. La ricognizione è stata anche un’occasione di tutela e valorizzazione: condizioni conservative, tracciabilità, piani di manutenzione. Nei prossimi lavori è prevista una maggiore fruibilità del nostro museo per rendere il patrimonio parte della didattica e dell’identità cittadina».
Lasciti e Fondazione Bellentani: a che punto siamo?
«Abbiamo riaperto dossier fermi da anni. Sul lascito Zanfi è stata avviata la procedura legale per lo sfratto e la vendita dell’immobile di Torino, primo passo per rilanciare il concorso pianistico come previsto dalle volontà testamentarie. La Fondazione Bellentani è rimasta bloccata in assenza della presa d’atto ministeriale del cda: i bilanci sono stati predisposti e il conto presenta un saldo di 161 mila euro; appena ricostituiti gli organi, potremo destinarli a borse per studenti di canto. Sul legato di Maria Lucenia Barilli si dovrà completare la vendita e dedicare un capitolo di bilancio ad hoc, in linea con la destinazione per attività musicali rivolte a minori e ragazzi (250mila euro). Più di 500mila a disposizione dei nostri studenti. Sui lasciti abbiamo introdotto un approccio di trasparenza vincolata: destinazioni coerenti con le volontà testamentari».
Quali orizzonti si aprono ora?
«Ci sono due occasioni che il Conservatorio non può permettersi di perdere: il Bicentenario e Parma 2027. Tra ottobre 2025 e tutto il 2026 celebreremo i 200 anni dalla formalizzazione del Conservatorio: non solo eventi, ma eredità duratura per la comunità. E con Parma 2027 "Capitale europea dei Giovan" possiamo proiettare i nostri studenti in reti internazionali, rafforzando la vocazione della città come capitale musicale. Il Bicentenario, a mio avviso, non dovrà essere la mera produzione ordinaria con un nome differente. Soprattutto, tutto ciò non dovrà necessariamente comportare un aumento della spesa, anzi, in co-progettazione e co-organizzazione con le istituzioni locali, che si sono più volte rese disponibili, e le ringrazio per questo, dovrà essere svolto al fine di offrire ai nostri studenti e studentesse concerti, lezioni aperte e restituzioni alla comunità. Banalmente: una creazione di borse per giovani talenti che porti musica in scuole, quartieri, strutture in cui è presente fragilità (dai minori agli anziani) ospedali e carceri. Con Parma 2027 si dovrà lavorare in co-progettazione con Comune e reti giovanili: call per progetti degli studenti, mobilità europea, volontari culturali e scambi con le altre capitali. Obiettivo: fare del Conservatorio una piattaforma di opportunità per i giovani della città, un ponte stabile con l’Europa».
Cosa resta da fare?
«Il Codice Etico. L’avevamo previsto nel Piao e sollecitato in consiglio di amministrazione, ma non è stato possibile adottarlo nel triennio. Resta una priorità: è lo strumento che stabilisce principi, responsabilità e un clima organizzativo fondato su trasparenza e rispetto. È la base di un clima organizzativo sano e di una reputazione duratura».
Un messaggio a chi resta.
«Un sentito ringraziamento va al personale tecnico-amministrativo, ai coadiutori e al corpo docente: con impegno e professionalità hanno garantito la continuità delle attività anche nei momenti più complessi, contribuendo in modo essenziale alla qualità della didattica, alla gestione organizzativa e alla vita quotidiana dell’istituto. La loro dedizione ha reso possibile trasformare le difficoltà in opportunità e costruire un Conservatorio più solido e moderno. Un ringraziamento ai membri del cda che mi hanno aiutato in questi anni nella governance e al direttore per avermi concesso la possibilità di sperimentare le mie conoscenze su una macchina più complessa del previsto».
Che Conservatorio lascia?
«Lascio un Conservatorio che, pur tra fatiche e difficoltà, ha ritrovato ordine, visibilità e riconoscimento. Un Conservatorio che ha saputo rafforzare il proprio radicamento territoriale, aprirsi di più al mondo e avviare un percorso di modernizzazione. È mio auspicio che chi verrà dopo di me possa raccogliere questa eredità e portarla avanti con coraggio, perché il Conservatorio di Parma continui a essere, oggi come due secoli fa, una delle istituzioni musicali più importanti d’Italia».
Katia Golini
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