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Intervista

Al via «Ecosounds», la compositrice Valentina Scheldhofen Ciardelli: «Siamo schiavi dei reel da 30 secondi»

Al via «Ecosounds», la compositrice Valentina Scheldhofen Ciardelli: «Siamo schiavi dei reel da 30 secondi»

di Mara Pedrabissi

04 Novembre 2025, 03:01

Viaggio in note tra Scozia, Inghilterra e nuove visioni sonore: «Attimi di mistero» è l'evocativo titolo del secondo concerto della stagione sinfonica della Toscanini, la stagione del 50° (venerdì 7 novembre, ore 20.30, Auditorium Paganini).

Sul podio della Filarmonica, il direttore franco-canadese Yves Abel e, ospite solista al violino, Roman Simovic, dal 2010 concert leader della London Symphony Orchestra.

Con una novità: il concerto segna anche il debutto del progetto «Ecosounds: la natura suona», realizzato dalla Toscanini in collaborazione con Davines Group, e vedrà la prima esecuzione assoluta di «Vincent (The Rite)» della compositrice italo-tedesca di stanza a Londra Valentina Scheldhofen Ciardelli.

Come ha tradotto in musica la crescita organica e il processo di moltiplicazione e rigenerazione dei motivi? E il «Vincent» del titolo cosa evoca?

«In questo brano ho voluto creare un parallelismo tra l’ecosostenibilità e la sostenibilità dell’arte. Senza troppi giri di parole, ho cercato un legame tra il rispetto del nostro pianeta e quello del processo creativo. I tempi della Terra non sono quelli che vorremmo dettare per esigenze di produttività, e lo stesso vale per la creazione artistica: non segue i ritmi dell’“industria”. Oggi, se qualcosa non è fatto nel minor tempo possibile, con le minori risorse possibili e in modo “usa e getta”, sembra non funzionare. Così ci abituiamo ad accettare il fast-food e la fast-art, diventando insensibili alle cose vere, genuine, necessarie. Tutto si riduce a esperienze patinate da like sui social. È un argomento enorme e non voglio che assuma un sapore di polemica, quando invece per me è vitale. Il titolo è un omaggio a uno degli artisti che più amo e da cui traggo ispirazione: Vincent Van Gogh, un uomo oggi osannato, ma al tempo emarginato e arrivato a noi solo grazie agli sforzi di conservazione delle sue opere da parte del fratello e della cognata.

Il progetto «Ecosounds» è dedicato alla riflessione ambientale. Come può un’opera d’arte astratta come la musica contemporanea contribuire a questa consapevolezza?

«La musica non spiega ma riattiva. Ci mette in uno stato di ascolto, e l’ascolto è già una forma di rispetto per ciò che vive, in un mondo in cui, ormai, non si ascolta più. Siamo schiavi dei reel da trenta secondi, mentre l’atto di ascoltare un concerto dal vivo è sacro. Ti mette in una posizione scomoda, soprattutto se non sei abituato. Mi è capitato di sentire persone dire “mi annoio”, e credo sia un segnale forte: abbiamo disimparato ad ascoltare. Un concerto non è “spettacolo” nel senso superficiale del termine, certo, c’è anche quello, ma non è il punto. Il vero centro è la connessione con qualcosa di più profondo, che non ha nulla a che fare con chi suona o chi ascolta, ma con ciò che si crea in mezzo. Ho voluto creare un parallelismo tra arte ed ecosostenibilità perché, come per l’ambiente, anche nell’arte bisogna rispettare le esigenze di qualcosa più grande di noi. L’industria dovrebbe imparare ad accompagnare, non a dominare. Non tutto è profitto».

«Vincent» aprirà una serata con la «Fantasia scozzese» di Bruch e le «Enigma variations» di Elgar. Come si pone il suo lavoro in relazione a questi capolavori ottocenteschi di tradizione britannica?

«Sono mondi molto diversi. Il mio brano non è pensato per accostarsi a un’opera in particolare. Mi piace però pensare che “Vincent (The Rite)” non apra semplicemente la serata, ma connetta il pubblico al suono, come un rito che crea una sorta di meditazione collettiva, accompagnando ogni ascoltatore nel proprio viaggio musicale». Informazioni: www.fondazionetoscanini.it.

Mara Pedrabissi

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