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Parla il direttore della Pediatria del Maggiore

«Epatiti acute, sorveglianza ma nessun caso»

Dodi: «Causa ancora ignota. Il vaccino Covid? La maggior parte dei malati non l'aveva fatto»

«Epatiti acute, sorveglianza ma nessun caso»

di Georgia Azzali

08 Maggio 2022, 16:18

L'allerta è scattata qualche settimana fa nel Regno Unito: epatiti acute anche in bambini molto piccoli, con insufficienze epatiche a volte molto gravi. Una patologia identificata in almeno 12 Paesi nel mondo, per un totale di circa 190 casi. In Italia se ne contano per ora una decina, e per un bimbo di Bergamo è stato necessario il trapianto di fegato. «A Parma non abbiamo avuto casi - spiega Icilio Dodi, direttore della Pediatria generale e d'urgenza del Maggiore -, ma stiamo facendo la sorveglianza attiva, secondo le indicazione del Ministero e della Regione».


Quali sono le ultime ipotesi sull'origine della malattia?
Non si conosce l'origine. Il sospetto è che si tratti di qualcosa di infettivo: si ipotizza un adenovirus modificato, che è mutato, o un particolare tipo di adenovirus, ma al momento non c'è alcuna certezza. In questi casi di epatite, inoltre, sono stati isolati altri tipi di virus, come enterovirus, citomegalovirus, virus di Epstein-Barr.


Tra le ipotesi in campo c'è anche quella che, a causa della pandemia, i bambini siano stati esposti più tardi all'adenovirus: cosa mi può dire in proposito?
Una delle teorie è che uno scarso stimolo immunologico abbia causato una maggiore “predisposizione” a sviluppare un'infezione importante una volta venuti a contatto con l'adenovirus. Noi, in realtà, di adenovirus ne abbiamo sempre visti durante il periodo pandemico. Ma ciò che non torna completamente di questa ipotesi è che, nel caso di adenovirus, il coinvolgimento epatico è possibile, ma raro. E anche il valore delle transaminasi è sì alterato, però non ai livelli di queste epatiti.


Eventuali legami con il vaccino per il Covid?
Direi di no, perché la quasi totalità dei bambini che ha sviluppato questa epatite non era vaccinata. Semmai c'è una quota maggiore, circa 1/3 nella casistica inglese, di soggetti che avevano contratto il coronavirus, ma anche da questo punto di vista non si può al momento stabilire un legame.


Quali sono i sintomi di queste epatiti acute che possono allarmare?
Abbiamo livelli molto elevati di transaminasi, cioè degli enzimi del fegato, che di solito si associano a stanchezza, vomito, addominalgia e a volte anche ittero, ossia il colorito giallastro. Si tratta di condizioni di sofferenza che spingono le famiglie a far vedere i bambini al pediatra curante o a venire in Pronto soccorso.


Come vengono affrontate queste epatiti?
Non c'è una terapia specifica: si cura l'idratazione e il sostegno delle funzioni vitali. Non è stato riscontrato un comune denominatore tra i vari casi. Sono stati indagati anche altri fattori, di tipo alimentare, tossico, assunzione di farmaci, ma non abbiamo dati che ci indichino una causa.


Ma c'è allarme nelle famiglie?
Un minimo di preoccupazione c'è. In Pronto soccorso abbiamo visto qualche bambino, perché le madri erano preoccupate per sintomi come il vomito, ma in realtà in Italia il fenomeno è molto contenuto. Le epatiti sono aumentate dall'inizio dell'anno, tuttavia non abbiamo avuto un aumento esponenziale nel nostro Paese.


Quali previsioni, ammesso che si possano fare?
Se si tratta della circolazione di un agente virale, bisogna capire come si comporterà. E' chiaro che non avendo in questo momento certezze sull'agente causale, si fa fatica a ipotizzare come potrebbe evolversi. Bisogna essere molto cauti, fare bene la sorveglianza e, nei casi riscontrati, essere molto attenti.
Georgia Azzali

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