Ribaltata la sentenza di primo grado
TUNISI - La Corte d’Appello del Kef ha ridotto in maniera drastica le condanne inflitte a tre tunisini ai quali in primo grado erano stati comminati 30 anni di carcere per consumo di cannabis, in un caso che aveva rilanciato il dibattito sulla legislazione repressiva sulla droga in Tunisia.
La Corte del Kef, nel nord-ovest del Paese, ha condannato due dei giovani a un anno di carcere e il terzo, accusato anche di possesso di sostanze stupefacenti, a due anni di reclusione. I tre erano stati giudicati colpevoli il 20 gennaio scorso per aver consumato droga in concorso e con recidiva, in un luogo pubblico, aggravanti che avevano reso particolarmente severa la sentenza di primo grado.
I giovani avevano condiviso una canna in uno spogliatoio in disuso, dopo una partita di calcio tra amici in un ex stadio di questa regione agricola, secondo quanto sostenuto dalla difesa. Un quarto uomo, arrestato nelle vicinanze e condannato a cinque anni di carcere, è stato oggi condannato a tre mesi in appello. Quest’ultimo e i due giovani condannati a un anno saranno rilasciati a breve, perchè hanno già trascorso più di un anno in detenzione dal loro arresto nell’estate del 2019, ha detto ancora la difesa. «La corte ha applicato la legge con discernimento, riconoscendo che questo stadio abbandonato non costituiva un luogo pubblico adibito all’uso di droghe», ha detto Hassina Darragi, uno degli avvocati.
La notizia della condanna a 30 anni dei tre giovani aveva riacceso in Tunisia l’annoso dibattito sull'eccessiva severità dell’impianto normativo sulla detenzione e il consumo delle sostanze stupefacenti.
Da anni in Tunisia si discute infatti nella società civile e tra i partiti politici della vetustà e della non costituzionalità della legge che disciplina l’intera materia, la famigerata 52 del '92, che grava oltretutto pesantemente sul totale della popolazione carceraria. E molte associazioni ne chiedono, per questi motivi, l’abrogazione. Nel 2019, il 21,5% delle persone detenute in Tunisia erano in carcere per reati legati alla droga, in gran parte per semplice consumo di cannabis, secondo un rapporto di Avvocati senza Frontiere.
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