Bologna
Foto d'archivio
«Sappiate che in Italia la pena per omicidio è di 10-11 anni. Omicidio, non tentato omicidio. Questo è un bell'insegnamento per i nostri figli. Vergogna». Otto mesi dopo l’inizio del processo è arrivata la sentenza per la morte del 16enne Fallou Sall. Ed è una «sentenza amara» per i genitori di Fallou, Mou e Danila, che escono increduli dal Tribunale per i minori di Bologna, facendosi largo tra i giornalisti.
Per i giudici fu omicidio, come ha sempre sostenuto la Procura, che però aveva chiesto 21 anni, mentre per il collegio presieduto dalla presidente del Tribunale, Gabriella Tomai, il minore che il 4 settembre del 2024 accoltellò Fallou, dovrà scontare una condanna di 11 anni e 6 mesi. Troppo poco per chi ha perso un figlio, che «non potrà più parlare», come disse durante la sua testimonianza la madre del 16enne.
La pm Caterina Salusti aveva chiesto nello specifico 14 anni per l’omicidio di Fallou, sei per il tentato omicidio di un 17enne bengalese amico della vittima e un anno per il porto abusivo del coltello. Il reato di tentato omicidio è stato derubricato in lesioni gravi. «Sono senza parole, non comprendiamo l’entità della pena, che non è commisurata a niente. Confidiamo nell’appello della Procura che sicuramente interverrà», ha detto l’avvocata dei genitori di Fallou, Loredana Pastore. L’imputato, difeso dall’avvocato Pietro Gabriele, che ha chiesto l’assoluzione invocando la legittima difesa, rispondeva infatti anche del tentato omicidio del ragazzo bengalese, che quella sera fu ferito al collo con una coltellata. Lo stesso 17enne era a sua volta accusato di lesioni e molestie telefoniche nei confronti del principale imputato: per questi reati ha ottenuto la messa alla prova e la sua posizione è stata stralciata.
L’omicidio era avvenuto in contesto di vessazioni ai danni dell’imputato, non ad opera della vittima. Tutto era cominciato il 31 agosto, con una lite verbale tra l’imputato, allora 16enne, e il 17enne bengalese. Screzi che si trascinavano da tempo, alimentati da episodi di bullismo che il 16enne italiano subiva e che erano sfociati in due denunce. La sera del 4 settembre i due si erano incrociati al parco del Velodromo. Erano volati pugni, poi il 16enne era fuggito verso casa, inseguito da un gruppo di ragazzini che lo hanno raggiunto in via Piave. In quel momento è intervenuto Fallou, che voleva aiutare il suo amico. Il 16enne ha estratto un coltello acquistato di nascosto dai genitori e ha colpito più volte. Una coltellata ha raggiunto Fallou al cuore, un’altra ha ferito al collo il 17enne bengalese. «Ho colpito alla cieca, pensavo che mi pestassero fino ad uccidermi», ha detto durante il suo interrogatorio l’imputato, che in aula si è scusato con i genitori della vittima.
Il processo, grazie alle testimonianze dei genitori, ha fatto emergere chi era Fallou: un ragazzo «educato in modo rigoroso», «allegro», che faceva «sempre da pacificatore». Il mese precedente alla sua morte era stato per la prima volta al mare con gli amici, da solo, e da poco era rientrato dal Senegal dove aveva conosciuto i nonni paterni. La sera del 4 settembre aveva mangiato una pizza con gli altri nonni: «Per lui era stato speciale», hanno raccontato i genitori in un’udienza definita «ad altissimo tasso emotivo» dall’avvocata Pastore.
Ora bisognerà attendere le motivazioni, previste entro 90 giorni, per conoscere il ragionamento che ha portato i giudici ad emettere una sentenza per omicidio così lontana dalle richieste della Procura. (ANSA).
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