C'era una volta
È proprio vero che certe occupazioni che sembravano passate di moda, ad un certo momento, riemergono dall’oblio. Basti pensare a quanti, ragazzi e ragazze, si stanno dedicando alla pastorizia, all’allevamento, all’agricoltura a taluni lavori artigianali. Nelle cassette della posta, tra la miriade di volantini pubblicitari di tutti i tipi, pizzerie comprese che nascono come i funghi, possiamo rinvenire tutti i giorni, da qualche tempo, alcuni che reclamizzano artigiani tuttofare in grado di prestare la loro opera rapidamente e con modica spesa. Niente di nuovo sotto il sole! Un tempo, chi svolgeva questo tipo di lavoro, non aveva certo avuto la possibilità di stampare volantini pubblicitari o di andare su Internet.
Nel borgo o nel quartiere si era a conoscenza di questi personaggi che, in gergo elegante e forbito, si chiamavano «factotum», in dialetto, molto più simpaticamente battezzati «ciàpa-ciàpa», che dà forse meglio l’idea di cosa potessero fare queste persone, che non la forbita dicitura in latino. Erano uomini che si adattavano, per poche lire, a far tutto quello che in una casa era considerato minuto mantenimento. Ed allora, quando c’era da cambiare un interruttore della luce, oppure sostituire un filo (un tempo non erano murati ed a scomparsa come oggi, ma a treccia e ben visibili sul muro), impagliare una seggiola, inchiodare un’anta di un armadio, dipingere un cancello o una porta, sostituire una serratura, preparare il giardino alla primavera, oppure «ripararlo» dall’inverno, mettere fuori i grossi vasi di oleandri, oppure in autunno riporli a dimora, riassettare la cantina o il granaio… erano tutte incombenze del «ciàpa- ciàpa» che, per una casa, rappresentava un vero e proprio tesoro.
Una volta, disporre del telefono in casa era un lusso che si potevano permettere in pochi, figuriamoci il cellulare, che non appariva nemmeno nei racconti di fantascienza, ed allora, per contattare il «ciàpa- ciàpa», bisognava recarsi presso la sua abitazione a meno che non avesse un recapito, come molte volte capitava, presso un’osteria, un’edicola o un altro negozio. Solitamente anziano, con alle spalle un lavoro pesante che, magari, aveva dovuto interrompere per motivi di salute, disponibile a tutte le ore, di buon comando, fidatissimo, per quei pochi soldi che gli sarebbero serviti per arrotondare la scarna pensione, il «ciàpa-ciàpa», fino agli anni Cinquanta, prima che gli artigiani istituissero i servizi a domicilio, era colui al quale ci si affidava per qualsiasi genere di problema domestico: dall’imbottigliamento del vino, al «s'ciär impomè» (lavandino intasato). Ed allora il «ciàpa-ciàpa» con i suoi attrezzi, a cavallo della bici, arrivava sul posto ed iniziava il suo lavoro che andava dall’idraulica, all’elettricità, ai più umili lavori agricoli come dare «l’acua al vidi» e cioè il verderame alle viti, oppure concimare con la «fiama» (sterco) di cavallo i fiori del giardino.
Quella del «ciàpa- ciàpa» era, essenzialmente, un’occupazione «cittadina» in quanto nelle campagne ci si arrangiava, per il fatto che l’uomo dei campi aveva dimestichezza anche in altri lavori oltre quello di coltivare la terra. Ma in città le cose erano diverse e, specialmente per coloro che abitavano in case o ville che potevano disporre di giardino o parco, il «ciàpa- ciàpa» era indispensabile. Egli non si faceva scrupolo di svolgere lavori che un tempo si ritenevano «da uomo» o «da donna», quindi, non era raro vederlo aiutare le «rezdóre» a stendere i fili per la biancheria, oppure a «därogh 'na man», in autunno, a fare «il marmlädi » o la «zardinéra». Il compito del «ciàpa - ciàpa», in questo caso specifico, era quello di allestire al meglio il «fogón», accendere sotto il fuoco e mantenerlo vivo fintanto che la «rezdóra» aveva terminato di mescolare il suo dolce intruglio. Così, come era chiamato in causa per fare la rotta davanti a casa quando nevicava, allo stesso modo veniva reclutato per la potatura delle piante da frutto.
Conosceva meglio la casa dei padroni, per non parlare della cantina e del «granär» che adibiva ad officina tutte le volte che doveva riparare qualcosa. Ne sapeva una più del diavolo ed in fatto di manualità ed estro non lo batteva nessuno.
Ma la sua vera abilità era quella di riparare i vari oggetti in economia e, cioè, facendo spendere il meno possibile al padrone di casa il quale, rendendosi conto dell’oggettivo risparmio, si dimostrava, alla fine, più generoso del previsto nei confronti del povero «factotum». In occasione delle estenuanti «pulisjj äd Pascua», le «rezdóre», ricorrevano spesso e volentieri al «ciàpa-ciàpa» per spostare lettoni in ferro, armadi e credenze in modo che fosse possibile scopare e lucidare anche in quegli angoli occupati dai mobili.
Come pure era precettato quando arrivava, in primavera, «al matarasär» per rifare i materassi. Il «fac- totum» recava con sé una cassettina di legno con tanto di manico dentro alla quale teneva di tutto: chiodi, viti, nastro isolante, pezzi di filo, trecce di canapa, spago, barattoli con olio e grasso per lubrificare, schegge di legno per fare eventuali «tajóli», colla ed ancora: martello pinze, tenaglie, giravite, lima, pialla, e l’immancabile «sizóra» (forbice) sempre sporca di colla e di segatura. In prima fila, a fine estate, per scaricare la legna dal carro e portarla in cantina e nel solaio, in occasione delle feste natalizie, dava un mano alle «redzóre» per spennare galline e capponi, non mancando di gettare sempre un occhio vigile alla fornacella posta in cantina dove le donne facevano il bucato.
Con il progresso ed il lievitare delle esigenze la figura del «ciàpa- ciàpa» è svanita nel tempo come i ricordi, i sogni ed i profumi dei fiori. Oggi, se qualche oggetto si rompe: dall’elettrodomestico, ai sanitari, al computer, al mobile, è sufficiente fare il numero verde e si presenta, o meglio, si dovrebbe presentare, nel breve volgere di tempo, un tecnico attrezzato alla bisogna. A volte, però, c’è da spettare giorni e giorni, quindi, risulta molto più facile reperire con urgenza un medico che non un idraulico. Ed allora, per chi l’ha vissuta, riaffiora nella memoria l’epopea dei «ciàpa- ciàpa», al punto di far provare un po’ di nostalgia per questo singolare «amico della casa» di ieri che sembra timidamente essere ritornato oggi il quale, invece di avere un recapito, come il suo predecessore, presso un’osteria, dispone del cellulare.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata