Il ricordo del figlio Luca Castaldini
Pubblichiamo il ricordo di Luca Castaldini, giornalista della Gazzetta dello Sport-Sportweek, dedicato alla mamma Maria Pia, scomparsa il 14 agosto. In onore della quale, domani alle 11, verrà celebrata a Parma una messa nella chiesa di Santa Croce.
Chi voleva conquistare le sue immediate antipatie doveva semplicemente chiederle di farsi fotografare. Niente da fare. Neppure Giulia e Ludovica ci sono riuscite, eppure erano le nipoti che fino all’ultimo giorno hanno riempito di gioia e d’orgoglio il suo cuore grande. Nell’epoca del digitale e dei selfie, ottenere uno scatto della Pia era come trovare un Gronchi rosa, peggio di una segnaletica di un imprendibile latitante. In tante e tante altre occasioni, invece, di lei era facile apprezzare l’umanità e anche un certo gusto per la battuta. In questo somigliava per certi versi al marito, Luciano Castaldini, cronista della Gazzetta portatole via dalla leucemia nel 1993 quando il loro viaggio insieme meritava di essere ancora pieno zeppo di esperienze, sorrisi e confidenze. I loro divertiti battibecchi domestici non erano al livello di Sandra & Raimondo, ma amorevolmente sapevano anche punzecchiarsi e chi se li godeva ogni giorno come Luca e Laura, i figli, ha forse ereditato proprio da loro questo gusto per l’ironia, per lo strappare un sorriso e per il darsi sempre volentieri agli altri.
La Pia, Maria Pia Piani, non c’è più da cinque settimane e a chi l’ha conosciuta a fondo questo suo farsi voler bene manca, e anche tanto. Per non parlare di quanto si senta la sua assenza in famiglia, dove il Vuoto (con la maiuscola, trattandosi di voragine) stanno cercando di colmarlo almeno in parte ripensando a quanta forza e dignità, due tratti evidenti del suo carattere, abbia dimostrato anche nei quattro mesi ininterrotti di ricovero nella sua sfida persa alla vigilia di Ferragosto per quel paio di Bestie (malattie) che insieme ce l’hanno messa tutta, maledette, a provarne il fisico. Il fisico sì ma non l’anima, né quel sorriso che nelle lunghe settimane, ricoverata nei vari reparti, voleva regalare sempre ai figli, al fratello Marco (altro rapporto speciale, il loro), alla cognata Stefania, ad Alessia, all’altro Luca di famiglia e a Martina. Dall’11 aprile, il giorno del ricovero, all’11 agosto, quello del definitivo tracollo, la Pia si era conquistata le simpatie degli infermieri ma anche dei primari, come il dottor Massimo Moine, e il suo staff, con la dottoressa Chiara Bertolino in testa (un sincero Grazie a entrambi), anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno. Pillole, notti insonni, esami, verdetti balordi, stanze anonime, luci al neon e vicini di stanza allo stremo: avrebbe rinunciato molto volentieri a tutto questo per tenersi la crema della sua vita, le vacanze a Chiavari o ad Albazzano, il burraco con le amiche, le confidenze con Raffaella - l’amica del cuore, si dice oggi - e Luisa, ma soprattutto la famiglia, tra le telefonate con le nipoti (videochiamate mai eh, vedi alla voce fotografie) e gli occhi che le brillavano ogni volta alla sola vista dei figli. Se davvero dopo la vita c’è un Dopo, allora da qualche parte la Pia avrà già fatto di tutto - e quando si metteva in testa una cosa, non mollava - per riabbracciare la mamma Anna, ovviamente Luciano, Marisa la cugina vissuta come una sorella e l’altro Luca, il terzo, che in realtà nella vita della Pia era arrivato prima degli altri, nel 1970, dopo nove mesi di attesa e trepidazione e invece la lasciò nel dramma pochi giorni dopo la nascita. E naturalmente la Pia ritroverà Gino, il padre. Lei purtroppo non ha mai potuto abbracciarlo, goderselo, tantomeno vederlo. Perdere un papà a tre mesi dovrebbe essere vietato da qualche legge celeste. Ma anche non avere più vicino in età adulta una mamma è una mazzata tostissima.
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Notte da incubo
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