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Festival di Open, Melillo: cosa rimane a 10 anni da Aemilia (Videointervista). Cecchettin: "La richiesta di giustizia riparativa si fa con coscienza"

19 Settembre 2025, 19:13

Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia. Ha risposto alla domanda: cosa rimane a 10 anni da Aemilia.

«Le riforme costituzionali migliori passano attraverso il dialogo, una meditazione profonda. E francamente, di dialogo e di riflessione profonda, non mi pare che ci sia traccia in testo che qualcuno, secondo me a ragione, ha definito un po» sgangherato dal punto di vista costituzionale ordinamentale». E’ critico il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo quando parla della riforma della giustizia sul palco del festival di Open a Parma.
Melillo critica anche la magistratura: «ha sbagliato a chiudersi rispetto alle istanze della cultura giuridica liberale che che che da anni chiedono di ripensare l’ordinamento giudiziario» ma focalizza le sue perplessità: «Questa riforma - osserva - ha due punti che la rendono difficile da comprendere: il primo è che non cambia nulla per il cittadino. Non cambierà nulla in termini di durata del processo - argomenta - di condizione nelle carceri, di equilibrio tra garanzie e sicurezza pubblica. I cittadini saranno accolti o non accolti o mal accolti nei tribunali esattamente come sono accolti o male accolti ora. Il secondo - sottolinea - è che la riforma tocca un punto molto delicato, il ruolo del pubblico ministero e a me pare che il sistema risulterà indebolito», chiosa Melillo.

Cecchettin: "La richiesta giustizia riparativa si fa con coscienza"

«Credo nella giustizia riparativa, però è un processo che deve avvenire soprattutto dalla consapevolezza, richiede tempo. E avere una richiesta dai legali di Turetta, a un mese dall’appello, mi ha suonato male». Così Gino Cecchettin dal palco di Parma dove è in corso il festival di Open.
«Mi sono sentito ancora una volta preso in causa nel momento sbagliato - osserva -: non è che pretenda delle scuse, e posto il fatto che non sono solo io, ci sono anche Elena, Davide e tutti i familiari di Giulia. Non si può richiedere la giustizia riparativa come se fosse un modulo in carta bollata ma dev'essere fatta con coscienza», conclude Cecchettin. «È stato gesto di violenza, al netto di chi fosse l’autore o il destinatario e quindi l’ho condannato fermamente. Non ha senso parlare ai ragazzi di rispetto e poi sentirsi appagati di fronte ad un gesto di violenza. Non è una punizione corporale che ti fa sentire bene, significa essere parte del problema significa non avere capito qual è il male da sradicare». Così, nel corso del festival di Open in corso a Parma, Gino Cecchetin ha commentato il pestaggio ai danni di Filippo Turetta, l’assassino della figlia Giulia, avvenuto in carcere. 

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