La specialista in nutrizione
Per chiarire come funziona il nostro «orologio biologico», correlandolo a un’adeguata alimentazione, Sandra Vattini, dirigente medico responsabile dell’Unità operativa Nutrizione dell’Ausl di Parma, definisce i «ritmi biologici», che consistono nella ripetizione, secondo una cadenza, di atti fisiologici, che si presentano con una frequenza variabile.
Tra questi, quelli più approfonditi sono i «ritmi circadiani», che si esprimono in un periodo di circa 24 ore, siano essi esogeni (cioè condizionati da segnali esterni, come la luce e il buio) oppure endogeni (caratteristici dell’organismo che li genera e, quindi, del tutto individuali).
«I ritmi circadiani condizionano le modifiche di numerose funzioni, come la spesa energetica, l’appetito e altri processi metabolici - specifica Vattini -. Alcune attività, tra cui la produzione di calore indotta dalla dieta e la sensibilità all’insulina, si esprimono con una maggiore efficacia nella prima parte della giornata. Quindi, alimentarsi secondo uno stile non in sintonia con queste importanti funzioni predispone al sovrappeso, all’obesità e alle patologie metaboliche correlate».
Per capire se esistano momenti della giornata in cui è più corretto alimentarsi con determinati cibi, la specialista spiega che alcuni studi recenti «hanno confermato che i ritmi biologici, i nutrienti assunti con la dieta e alcuni composti definiti bioattivi possono esercitare un’influenza reciproca e biunivoca in relazione a specifiche attività»: «In questo contesto è stato osservato che il primo pasto assunto dopo un digiuno prolungato, come per esempio la colazione, se effettuato in modo corretto, è fondamentale per avviare un ritmo circadiano fisiologico e virtuoso; analogamente, sostanze bioattive come i polifenoli provenienti dalla componente vegetale della dieta (soprattutto frutta fresca di stagione) sono in grado di interagire con i ritmi biologici e indurre un sincronismo vantaggioso nei confronti dei segnali che regolano l’assunzione di alimenti».
Come specificato da Vattini, è stato dimostrato, invece, che il «salto» della colazione, il consumo di pasti serali molto abbondanti e ricchi di calorie, insieme all’assunzione frequente di snack, sono correlati a un alto rischio di sviluppare sovrappeso e obesità, gravati da disordini metabolici.
Ma se la regolarità della nostra vita passa anche dal cibo, non ci sono ancora chiare evidenze rispetto agli orari migliori per colazione, merende, pranzi e cene. «Il modello ricorrente è ancora quello strutturato sulla distribuzione dell’energia giornaliera in tre pasti principali, eventualmente abbinati a uno o due spuntini - aggiunge Vattini -. Il frazionamento del fabbisogno quotidiano in 3-5 assunzioni si potrebbe associare a un controllo migliore di alcuni importanti parametri metabolici, quali colesterolemia, glicemia e peso corporeo, ma è importante che la ripartizione dei pasti rispetti il fabbisogno calorico giornaliero».
Come puntualizzato da Vattini, gli spuntini sono utili se «frugali e in piccola quantità», capaci quindi di controllare l’appetito senza appesantire (uno spuntino equilibrato è costituito, per esempio, da un frutto, uno yogurt, due biscotti secchi o un cucchiaio di frutta secca a guscio).
«Un aspetto peculiare riguarda anche il consumo di pasti fuori casa, che può presentare alcuni rischi - conclude la dottoressa -. Occorre prestare attenzione ai quantitativi degli alimenti assunti ed equilibrare i cibi fuori casa con quelli domestici, limitando, per esempio, la scelta delle pietanze, preferendo verdura e frutta ed evitando sempre la sindrome da buffet».
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