Un libro di pensiero dentro al quale filtrano persone e luoghi, sorprese, misteri e incanti
Pubblichiamo, non senza commozione, l'ultima recensione fattaci avere dal nostro critico letterario Giuseppe Marchetti, scomparso l'altro giorno a 86 anni.
di Giuseppe Marchetti
Sottointitolando il proprio nuovo volume «Un secolo di storie familiari», Valerio Cervetti ha messo il lettore che incontra il libro in un angolo della propria memoria, ricordandogli che tale memoria è la realtà e che la realtà, in fondo, è tutta, o buona parte, del nostro patrimonio di imprese, vicende e avventure: il nostro destino, insomma.
In realtà il volume di Cervetti reca un primo titolo: «Novantotto» (Epika Edizioni) che di lato e con varie intenzioni d’ascolto reca la visione, e le visioni parallele, di quegli accadimenti che il nonno scrittore, storico e giornalista di autentica curiosità, intende affidare alla più agile e pronta testimonianza della famiglia il cumulo delle vicende che cento anni, un tempo infinito sistema dentro e attorno al correre del tempo, perché il tempo diventi il Tempo, o, come lui scrive, ai ricordi - di ricordi qui si parlerà e scriverà sempre - del cielo che ci domina e ci conduce.
Al nipote che l’ascolta il narratore dice: «Quello che adesso vorrei scriverti sono le sensazioni che provai allora e provare a immaginare insieme, solo immaginare, se quelle sensazioni ormai in gran parte perse nella nebbia della memoria potessero essere le medesime, o almeno assomigliare, a quelle che provò mio nonno sessantuno anni prima. L’èra più o meno la stessa, lui 16 anni, io 17.»
Abbiamo abbreviato i collegamenti, s’intende, ma lo scopo segreto è rimasto quello: narrare, suggestionare con fatti, persone e storie, e dare cioè “familiarità al romanzo”, creare una memoria che da fantastica diventi vera, da leggere e commentare.
Valerio Cervetti è narratore acuto e preciso. Non cerca di tessere storie e accadimenti, non vuol stupire, si rivolge ai fatti della sua vita e del destino con l’accortezza delle proporzioni, cammina sull’orlo degli avvenimenti, li anticipa e li ritarda con prudenza, ma non si lascia mai fuggire il bandolo della matassa.
Potremmo usare un suo titolo e definire «Novantotto» come «un libro che si tramanda», un libro di guerra e di pace, l’opera che parla alla mente e al cuore senza mai sopravanzarsi, e un tema che in qualche momento contiene ancora «L’aria ancora tiepida / Ma un sole bugiardo» un vecchio territorio che macina se stesso, il proprio nome, i nomi di chi visse e patì, di chi restò e di chi pagò di persona curiosità, impegni, promesse di perdute felicità o di solenni e misteriosi accadimenti.
Ma si faccia attenzione, però. «Novantotto» non è una biografia e nemmeno un’autobiografia.
E’ semmai un libro di pensiero dentro al quale filtrano persone e luoghi, casi e sorprese, misteri e incanti che quasi quasi potremmo catalogare nel libro della prudenza e nel mare che tutti ci accoglie per via, oppure ci abbandona sui margini della via, oppure si consegna al Tempo, agli affetti, alle gioie e ai dolori senza soluzioni di continuità. Le storie familiari che racconta possiedono un timbro, una realtà e molte giustificazioni che hanno nomi e cognomi. Mentre racconta, Cervetti raccoglie attorno a sé le voci che lo riguardano e ad esse aggiunge il sapore degli anni, il ruolo segreto delle coincidenze, il ruolo delle presenze, l’attimo o gli attimi delle improvvise partenze, l’inizio e la fine delle scuole, la politica, i viaggi, la morte - come scrisse Gadda - cioè il perfetto alternarsi dell’imprevedibilità. Tutte cose che anche noi abbiamo vissuto con la nostra pazienza d’esistere il faticoso dialogo con il trascorrere dei giorni, e infine la morte degli uomini e delle donne che hanno dato vita a quelle “storia familiari” cui prima accennavamo, tra impegni di vita e occasioni, tra lavori abbandonati e ripresi, tra limpide faccende di cuore e di sensi. Con le sventure e la morte sempre in agguato. Dalle pagine di Cervetti, tanto semplici e toccanti quanto ammirevoli per tenuta espressiva e restituzione di un generale atteggiamento di pacata autenticità, giunge sino a noi il palpito del mondo che ci accompagna verso il compimento del racconto del nonno al nipote. «Novantotto» possiede questa singolare nettezza di profili, quelli che le “storie familiari” abbandonano alle svolte delle strade e quelli che i personaggi raccontano ciascuno con l’eco delle parole e dei riti.
Cervetti coglie questi aspetti che bisbigliano attorno a noi con stupenda frequenza di echi e di rimandi: la sua vita diventa così anche un poco la nostra in un affascinante segreto di identità.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da Media Marketing Italia
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata