LIBRI
Le fortezze sono fatte apposta per resistere all’assedio: la Cittadella di Parma non fa eccezione. In oltre quattro secoli di vita ne ha viste di tutti i colori, ha ospitato armate dalle provenienze più disparate, ha cambiato volto tante volte, ma la sua fisionomia è ancora quasi miracolosamente la stessa che Alessandro Farnese ha progettato nel 1591 e che Ranuccio ha inaugurato nel 1599. Più che a quelli degli eserciti ha dovuto resistere agli assalti, anzi, alle spinte demolitrici messe in opera dalle amministrazioni della città, soprattutto nella prima metà del secolo scorso.
L’intervento più significativo fu quello dell’immediato dopoguerra, quando vennero abbattute le strutture delle postazioni militari. Di recente sono intervenute le amministrazioni guidate da Lauro Grossi, poi da Elvio Ubaldi, che hanno introdotto cambiamenti non irrilevanti nell’organizzazione degli spazi interni.
La Giunta Pizzarotti non ha resistito alla tentazione: nel 2017 ha redatto un «Masterplan» che prevedeva interventi abbastanza radicali.
La levata di scudi di associazioni e cittadini ha indotto l’amministrazione comunale a mutare il progetto originario in uno assai più leggero, ma anche questo non ha del tutto sopito i malumori.
In questa situazione ha preso forma il libro curato da Marzio Dall’Acqua «La Cittadella assediata» (editore Monumenta Onlus, pag. 220, euro 20), il primo di quella che potrebbe diventare la collana Instant Parma, un titolo volutamente giocato sulla copertina del mitico Instant Karma di John Lennon.
Il proposito di Marzio Dall’Acqua è ambizioso quanto chiaro: aprire «una civile conversazione nell’epoca dei like e degli slogan urlati come rigurgiti di pensiero»: «Quando si avverte la necessità di affrontare un problema che coinvolge non solo le istituzioni e la politica – scrive Dall’Acqua - penso che si debba dare gli strumenti, i documenti, le posizioni anche divergenti ma sostenute da progettualità e pensiero».
Se l’operazione è riuscita saranno i lettori a giudicarlo, anche se lui stesso si rammarica per il mancato intervento del Comune (che avrebbe potuto portare le sue ragioni) e definisce la polemica ancora in atto un «dibattito fra sordi».
Di certo il libro fornisce tante informazioni e tanti spunti di riflessione, con il coinvolgimento di esperti, storici, architetti, studiosi, giornalisti e sociologi, tutti di alto profilo e con approcci diversificati al tema.
Poi ci sono i documenti che sanciscono lo status della Cittadella e delle bassure come monumenti da tutelare. Particolarmente interessante è la relazione di Chiara Burgio della Soprintendenza e Chiara Deb della Regione Emilia Romagna, pubblicata in calce al volume. Il libro si apre con i ricordi della Cittadella di Giorgio Torelli, ragazzo del ‘28, quando la fortezza era dimora della Cavalleria, risuonavano le note del Silenzio del trombettiere, circolavano le lettere d’amore delle fanciulle e gli ufficiali spedivano le cartoline comprate dalla tabaccheria di Rosa in via Farini.
Ci riporta invece nella storia Chiara Burgio, che ricostruisce le origini della Cittadella e si sofferma sulle spinte demolitrici (tutte respinte) avanzate nel 1915, nel 1925 e nel 1945.
La Cittadella diventa ufficialmente parco nel 1962, quattro anni dopo l’acquisto da parte del Comune. Ma intanto la natura aveva fatto il suo corso: piante e prati avevano occupato gli spazi lasciati liberi dalla demolizione dei fabbricati militari.
Anche Luciano Serchia, già sovrintendente, ripercorre l’iter del lungo assedio scaturito dalle vicende novecentesche, e si sofferma sulle controverse vicende che portarono alla costruzione dei campi da tennis per il GUF e alle successive opere della Raquette, che ha invaso le bassure.
Il giornalista Valerio Varesi e il sociologo Giorgio Triani fanno il paragone fra Cittadella e Parco Ducale, paradossalmente più borghese il secondo in un quartiere popolare, più popolare la prima, parco di tutti in un quartiere borghese.
Varesi poi ricorda le partite a calcio nel campo spelacchiato e le migliaia di chilometri a piedi percorsi sui Bastioni, ricordando gli accampamenti napoleonici, le effusioni amorose di Maria Luigia e Neipperg, gli antifascisti incarcerati e il comandante Facio che si cala dalle mura.
Torna al 16 marzo 1975 Andrea Schianchi, che rievoca la sfida all’ultimo gol fra le troupe di Pasolini e Bertolucci, fra Salò e Novecento, solo 8 mesi prima del terribile omicidio all’Idroscalo di Ostia.
Parte invece dalla disfida sul chiosco Paolo Rinaldo Conforti, per chiedersi se «la memoria è intangibile», se il chiosco che è lì da tre generazioni si può considerare una presenza da tutelare. Poi mette in evidenza la dicotomia fra uomo e natura, il fragile equilibrio fra monumento e ambiente. Mentre Stefano Storchi propone la Cittadella dei Ragazzi, il sociologo Giorgio Traini entra nel merito dell’oggi: parla di «lockdown della politica», evidenziando che «si preferisce un familiare degrado» ai progetti di ristrutturazione.
Chi non ha dubbi sono Fausto Pagnotta e Anna Kauber (entrambi impegnati sul fronte ambientalista): Pagnotta parla di luogo simbolico relazionale di un parco in cui i parmigiani fanno di tutto; Anna Kauber attacca frontalmente l’amministrazione per il Masterplan del 2017, parlando di «disarmante incapacità di lettura e assenza di empatia con la comunità».
Entrambi pensano che in Cittadella non deve esserci nemmeno un filo d’erba di meno.
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