ECONOMIA
La filiera dell'acciaio lancia un appello all'Unione Europea: è necessario rafforzare norme e clausole a salvaguardia di tutto il settore, contro gli effetti di una feroce concorrenza extra-Ue che fa leva sui prezzi (Cina in primis). Le tutele devono riguardare non solo la materia prima ma anche semilavorati e prodotti finiti. L'appello del network di imprese Esn parte da Parma, con una lettera a Commissione e Parlamento Ue e al governo, per invocare più protezione per i derivati dell'acciaio.
«La catena del valore europea della trasformazione dell’acciaio e degli acciai elettrici si trova a un punto critico», dice la comunicazione congiunta sulla «tutela della catena del valore dell'acciaio europeo».
«Le pressioni del mercato internazionale si stanno intensificando», continuano le imprese della filiera: la Cina produce a prezzi più bassi del 40-50% e in Europa i costi sono alti; il settore è a rischio. Da qui l'appello. Dal 2019 la normativa Ue prevedeva clausole di salvaguardia che tendevano a proteggere le acciaierie dalle importazioni da Paesi extra-Ue. Nel mercato, però, si è fatta strada la tendenza ad acquistare i semilavorati in India e in Cina. Esaurita la ripresa post-Covid, il settore sconta una recessione da circa due anni e mezzo. «È essenziale tutelare l’intera catena del valore industriale», si legge nel documento.
«In Germania la parola d'ordine è “comprare in Cina”», spiega Franco Felisa, direttore generale di Trancerie Emiliane e presidente di Esn. Ma alla fine i cinesi potrebbero vendere i prodotti finiti a noi e conquistare il mercato. Felisa sintetizza con un paragone: «Se proteggiamo il filo di cotone ma non la camicia, gli altri venderanno camicie a noi. È quanto sta accadendo nel settore auto». Ecco perché le imprese chiedono misure di salvaguardia più estese per tutta la filiera dell'acciaio. A giugno scadranno quelle attuali e la Commissione ha proposto un nuovo regolamento europeo. Esn chiede una «azione immediata» a favore di 28 categorie di prodotti siderurgici e, in una seconda fase, un impegno pubblico della Commissione per proteggere i derivati e i componenti.
«Questa lettera è un risultato enorme - continua Felisa - perché storicamente non c'è un altro esempio dove l'intera filiera si sia messa insieme, rappresentando diversi interessi», ad esempio con acciaierie e tranciatori fianco a fianco. «Noi siamo un anello importante, il nostro è un prodotto strategico per il “Paese Europa”». Nelle nuove norme si tagliano del 50% i quantitativi importabili in Europa in esenzione di dazio: 18,3 milioni di tonnellate contro i precedenti 36 milioni, per tutto il mondo dell'acciaio. Per i quantitativi eccedenti, il dazio passa dal 25% al 50%. Ma intanto il mercato si sta rivolgendo ai cinesi per comperare semilavorati e prodotti finiti.
Come fare? Felisa cita la decisione del presidente Trump di introdurre una tassa in base alla provenienza dell'acciaio. Bisogna dichiarare le quantità di acciaio dei vari Paesi presenti nei propri prodotti quando arrivano negli Stati Uniti. E si è responsabili di quanto dichiarato, con sanzioni importanti.
La lettera è stata spedita a Commissione e Parlamento Ue, alla premier Giorgia Meloni e al ministero dello Imprese e Made in Italy. Che risposta si attendono le imprese? «La preoccupazione è che la risposta arrivi troppo tardi - confida Felisa -. Alcuni politici parlano di un anno e mezzo per poter mettere mano a ciò che chiediamo. Ma noi non abbiamo 6 mesi. Fra un anno e mezzo potremmo essere il 30% in meno. Entro cinque anni potrebbero non esserci più tranciatori in Europa, se non quelli molto piccoli».
Felisa critica la Ue anche per l'introduzione della CBam, una tassa legata alle politiche green: «Ancora non sappiamo quanto ci costi. Il conteggio inizia il 1° gennaio prossimo ma diranno quando ci costa retroattivamente, nel primo trimestre 2027. È il green a tutti i costi, senza lasciare alle aziende il tempo di attrezzarsi».
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