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VINO

Merano Winefestival, un percorso guidato tra 15 calici da non perdere

Chiusa la 34esima edizione, un successo con oltre 8mila presenze

Merano Winefestival, un percorso guidato tra 15 calici da non perdere

di Aldo Tagliaferro

14 Novembre 2025, 12:20

A Merano c’è un salotto buono che accoglie il meglio dell’enologia italiana. Si chiama Merano WineFestival, un salotto costruito ad arte negli anni da Helmut Köcher, il “wine hunter” attento a raccogliere grandi e piccole etichette nel segno della qualità, abile nel conferire quei riconoscimenti (platinum) che non dimenticano le eccellenze del food italiano, smaliziato nel legare al Wine Fest nomi di grido, da Bocelli a Cannavacciuolo, premiati come Winehunter Stars.

Anche l’edizione 2025, la numero 34, conclusasi martedì con Champagne Catwalk dopo i tre giorni di Festival, ha fatto il pieno, con oltre 8mila presenze. Di appassionati e di addetti ai lavori - molti anche da Parma - cullati in quella bomboniera liberty che è la Kurhaus, ma anche intrigati da masterclass e show cooking che sconfinano fino alle Terme di Merano. A giudicare dalle code all’ingresso a Merano la “crisi” del vino, stretto fra dazi, demonizzazioni e cali dei consumi, non si sente.

Proviamo a vedere invece cosa “si sente” nel calice con un piccolo percorso molto personale tra oltre mille etichette. Abbiamo scelto 15 bicchieri fra le tante, tantissime degustazioni possibili in una manifestazione che ha il pregio di stappare solo le bottiglie più pregiate di ogni cantina. E spesso di permettere piccole “verticali” di grande fascino, come quelle di Lungarotti (Rubesco 1997, 2017, 2018, 2019, 2020), di Secondo Marco (Amarone dal 2013 al 2017) oppure di Conte D’Attimis - Maniago (Malvasia Istrana ).

Partiamo allora da un paio di bollicine. La prima è quasi una provocazione visto che parliamo di un vitigno come il Groppello: il Centopercento di Pasini San Giovanni, il primo blanc de noir gardesano, stupisce per freschezza, sapidità e persistenza. L’altra bolla che inseriamo nel nostro percorso ideale viene dal Trentino: Madame Martis Riserva 2015 di MasoMartis, straordinario metodo classico che affianca a Pinot Nero e Chardonnay anche la rotondità del Pinot Meunier.

Passiamo ai bianchi. E partiamo da due outsider, per geografia, vitigno e anche per prezzo (decisamente competitivo, perché si può bere bene anche spendendo poco): il Greco di Basilicata D'Avalos di Cantine di Venosa e il Greco di Di Maio Norante, Molise, dal bouquet ampio e tentatore e con una buona verticalità in bocca. E dire che i pezzi forti della casa sono i rossi… Saliamo a nord con due piccoli realtà: Otten 6 della cantina San Michele è un Trebbiano di Capriano del Colle, piccolo altopiano in provincia di Brescia, che regala una Doc che comprende anche il Marzemino. Acidità e struttura ne allungano la vita in bottiglia. Dal Piemonte invece viene Luca Leggero che da alcuni anni crede nell’Erbaluce di Caluso: il Rend Nen passa in anfora (la grande moda del momento) e migliora con gli anni. Fra le perle del Friuli scegliamo il Russiz Superiore Col Disôre 2021 (Pinot Bianco, Friulano, Sauvignon, Ribolla) suadente, pieno e dalle grandi promesse. Dalle promesse passiamo alle conferme, ovvero quegli assaggi che dimostrano di reggere alla grande la sfida del tempo: il Soave Salvarenza 2015 (magnum) di Gini (Monteforte d’Alpone) è commovente per la tensione, il Sauvignon Flora 2012 di Gislan (Alto Adige) è ancora freschissimo, intenso e minerale, infine il Sauvignon 2010 Sanct Valenctin di San Michele Appiano non è certo una scoperta, ma l’ennesima conferma di una longevità impressionante al naso e al palato.

Pronti per i rossi? Ne abbiamo scelti cinque ma è stata durissima: in Piemonte continuiamo a preferire il carattere forte, al limite dello scorbutico, del Barolo di Elio Grasso (Ginestra 2021) e del Barbaresco Camp Gros Riserva 2015 di Marchesi di Gresy. In Toscana Eredi Fuligni ci rammenta con la Riserva 2019 quanto il Brunello può essere rigoroso, austero e profondo senza cedere a mode più facili. È un altro Brunello, il Quercione 2008 di Campogiovanni (San Felice) nelle poche magnum rimaste si dimostra allo zenith. Per chiudere, il Veneto. Con una bottiglia esclusiva, il De Buris Riserva 2013, il super Amarone creato da Tommasi che avvolge e abbraccia senza alcun cedimento. Ma lasciateci concludere con altre due suggestioni raccolte tra i nostri appunti: il Fratta 2011 di Maculan (Merlot e Cabernet Sauvignon), il Ciabot Mentin Barolo Ginestra 2021 di Domenico Clerico.

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