IL CONTEST
Se quelli della Bassa sono anolini «magri», per quelli di città e collina la cura sarà quella di non farli troppo «ricchi». Troppo pieni di cose, di carne in special modo. Qui, infatti, ci si trova di fronte al primo bivio, alla prima scelta di campo: nel ripieno si dovrà utilizzare la carne dello stracotto (tutta o in parte) o soltanto il sugo risultato dalla lunga cottura? E che carne utilizzare? Solo tagli di manzo o di asinina in città, mentre in campagna anche vitello e maiale e, in zona di produzione, anche pezzi di prosciutto.
Comincia così la teoria delle mille varianti, tante quante le famiglie e le ricette che si tramandano e si mescolano da generazioni. Detto questo, e fatta salva la qualità delle materie prime, lo stracotto «da anolini» richiede un tegame che tenga bene il calore e una lunga cottura dolce fatta in fasi successive che alternano riposo a fuoco spento e poi ripresa il giorno successivo, aggiunta di brodo se necessario, fin che la carne non si sia quasi completamente sciolta e il sugo risulti pieno di umori e profumi.
In questo caso la carne residua sarà molto povera e fibrosa, andrà messa da parte per farne, arricchita da uova e Parmigiano, delle amatissime polpette, mentre solo il sugo sarà utilizzato per fare il ripieno. Gli anolini saranno più leggeri, il sapore sfumato sulle note del Parmigiano e la dolcezza del sugo. Stessa procedura di cottura, ma abbreviata nel tempo, se si vuole utilizzare la carne nel ripieno: così facendo la carne manterrà le sue qualità che si ritroveranno in anolini dal sapore più acceso, più pieni e ricchi.
Naturalmente, sia in un caso che nell’altro, sarà decisiva la qualità del Parmigiano e del pane grattugiato nella proporzione aurea del detto «poco fornaio e molto casaro» che ognuno saprà, seguendo il proprio gusto, interpretare.
Molta attenzione va poi data alla pasta che non dovrà essere spessa essendo essa il contenitore del ripieno che «proteggerà» durante la cottura e dovrà poi dolcemente fondersi con esso: ideale sarebbe stenderla col mattarello (ma nessuno lo fa più) che la lascia soffice ed elastica, mentre usando la macchina si chiudono i pori e la si rende più rigida: allora la si tiri sottile quanto basta.
La cottura in queste feste natalizie sarà senza discussione in un brodo di manzo e gallina o col cappone se lo si preferisce più dolce e grasso. Questo è il nostro piatto di tutte le feste dell’anno, e specie del pranzo di Natale: se non si riesce a prepararlo in casa, vengono in nostro aiuto le gastronomie e panetterie della città.
Ancora una volta abbiamo voluto metterle alla prova organizzando la nostra ormai consueta degustazione alla cieca. Abbiamo costituito la squadra di degustatori con alcuni produttori di salumi: Giovanni Branchi (Branchi prosciutti), Ernestino Carraglia (Croce e delizia), Raffaele Ceresini (Isaf, industria salumi Felino), Luca Fereoli (Fereoli Gino e figlio), Stefano Montali (S.Ilario prosciutti), Mauro Ziveri (Rosa dell’Angelo). La famiglia Cocchi ci ha ospitato, con l’abituale signorilità, nel suo ristorante dove, e senza poi partecipare alle votazioni, Paolo Micheli, Accademico della cucina e notaio, e chi scrive hanno numerato, reso anonimi e sorteggiato l’ordine di assaggio dei vari anolini acquistati in modo anonimo da nostri collaboratori presso i negozi della città. La scelta è stata inevitabilmente ridotta e arbitraria, chi escluso volesse partecipare ci scriva e ne terremo conto alla prossima occasione.
Gli anolini sono stati cotti in brodo sempre rinnovato e serviti senza formaggio; nella valutazione si sono utilizzati i voti scolastici da 1 a 10, la sufficienza fissata a 6: il punteggio finale è dato dalla media dei voti; si sono considerati: aspetto, equilibrio e armonia delle componenti, consistenza e sapore.
Alla fine dunque al primo posto si è classificata la Gastronomia Greci, via Emilio Lepido 145, col punteggio di 7,12; al secondo la Salumeria Garibaldi, via Garibaldi 42, con 6,93; al terzo posto il Panificio Scaccaglia, via Solferino 38, con 6,85.
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