CONDANNA
Aveva lottato per quell'amore. Aveva fatto a pugni anche con la diffidenza di qualche amico e parente. E sette anni dopo averlo conosciuto si era sposata. Nei mesi successivi era nata anche una bambina, e Rosa (la chiameremo così) aveva raggiunto anche il suo desiderio profondo di diventare madre. Ma poco dopo aveva cominciato a obbedire. Aveva dovuto imparare a sottomettersi ad ogni sua decisione, alle sue continue - e violente - richieste di sesso. Umiliata e impaurita, aveva piegato la testa per quasi due anni, fino a quando aveva deciso di riappropriarsi della sua vita, insieme alla bambina. E, ieri, l'ex marito - 32enne, origini albanesi - è stato condannato a 4 anni e 6 mesi per maltrattamenti e violenza sessuale dal collegio presieduto da Paola Artusi.
Si erano conosciuti a una festa di compleanno: due ventenni che avevano scambiato subito sguardi complici. Non c'erano ombre per Rosa, anche se, quando aveva vissuto due lutti profondi, non l'aveva sentito così vicino. Ma mai aveva messo in dubbio i suoi desideri: le nozze e un figlio. E tutti e due i progetti si erano realizzati in un anno, tra il 2017 e il 2018. Dopo la nascita della bambina, però, era cominciato quel bombardamento di accuse insensate: «Ti occupi sempre di lei e non di me». E di imposizioni. Rosa aveva provato a opporre qualche no, ma lui era partito subito con le minacce: «Guardo che se non stai attenta, andiamo in tribunale. Mi prendo la bambina, vado in Albania e non la vedi più».
Un'intimidazione per Rosa. Che da quella bambina non si sarebbe mai staccata. Mentre lui aveva cominciato a imporre i suoi ordini: le giornate erano dettate dai suoi imperativi. E se lei gli chiedeva un aiuto per sbrigare alcune cose in casa, metteva subito in chiaro che subito dopo avrebbe dovuto concedersi a lui. Una richiesta assillante, quotidiana: quando, poi, lei aveva detto no, era passato alla violenza.
Giorni scanditi da botte e minacce durissime. «Vuoi che ti spacco i denti? Ti rompo il naso?», le aveva ringhiato più volte. Un giorno di luglio del 2020 le aveva anche scagliato contro una bottiglia di acido, che Rosa era riuscita ad evitare per un pelo. E pochi giorni dopo le aveva spezzato il respiro ritrovandosi le sue mani sulla bocca e sul naso.
Rosa le aveva riprese quelle aggressioni: aveva registrato le ultime minacce e aveva ripreso le lesioni dopo le violenze. Un archivio squallido ma prezioso quando, a metà ottobre del 2020, era entrata in caserma per denunciare. Ma già due mesi prima se ne era andata da casa con la bambina. Aveva ritrovato se stessa.
Georgia Azzali
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